66 nna gravissima esposizione, giacché il nemico ornai s'appiattava tra i primi archi rotti alla testata del Ponte, e non molto sarebbe stato inoperoso a San Giuliano. Il popolo, conoscendo l’importanza di quel lavoro, e non misurando nè difficoltà, nè pericolo, come suole chi vuol fare veramente qualche cosa, apre iscrizioni di volontari alla demolizione del Ponte, corre in folla alla piazza di San Marco, e domanda al Governo stromenti e direzione. Manin fa loro intendere come in simile lavoro uno dell’arte valga per dieci inesperti; invita quindi gl’imprenditori a formare sotto di sè compagnie di lavoratori; troverebbero sul luogo ufficiali del Genio per assegnare il da farsi, restando in loro proprietà il materiale che ne ricavassero. Così progredì per molto tempo codesto lavoro, al quale si associarono non pochi patriotti d’ogni condizione. E qui non posso tralasciare un fatto che ricorda ai Veneziani l’ingiusta sentenza del Fornaretto. Agostino Stefani, muratore, erasi offerto il 30 di maggio al colonnello Cosenz, allora comandante la batteria del Ponte, per accendere una mina sotto ad un arco presso gli avamposti nemici;ma generoso di sè, davagli il proprio nome, aggiungendo: « l’opera è ardita, potrei rimanervi ». Cosenz ne prese nota nel portafogli. Lo Stefani si spinse sopra leggera barchetta dall’uno all’altro arco, cercando possibilmente nascondersi al nemico ; ma avendo la barca dato nel secco, messosi egli in acqua, se la spingeva dinanzi faticosamente. Due ore dopo i lavoranti, ignari della cosa, e sinistramente interpre-