105 Bensì gelosi dell’onore della loro legione furono altamente e sempre. Unico castigo, come dissi, l’espulsione. Taluni lo seppero. E che amassero la patria senza interesse proprio speciale, lo prova la nessuna tendenza all’ottener brevetti. E ciò fra loro, giusta la istituzione, non era lecito, c vero; ma pure l’ambizione de’ gradi avrebbe potuto sviarli da’ loro princìpi. Rispetto a questo forse osarono di soverchio rigore. Io credo che della bontà di que’ giovani siasi abusato, perocché se ci fu mai schiera negletta, quella lo fu senza dubbio. Un’arma al fianco non ebbero che dopo un anno della loro formazione. Fu detto che paressero paggi meglio che soldati. Quando dico di questo, credo sia bello tacere di cent’altre cose chieste, perchè necessarie, e non concedute. Ma persecuzioni n’ebbero in copia, mute, lente, sottili. Interrogate Armandi, Ca-vedalis ed altri minori ; essi sei sanno con tutto il terzo dipartimento della guerra. Yolevasi quella legione, stazionata a Marghera perpetuamente, reputare non più che guardia civica. Appresso si tendeva a stringerla al giuramento. Anco fu fatta quasi trastullo affine di stancare que’ giovani e scioglierne la legione. Essi se ne ridevano, e non pensavano che alla loro Venezia, alla loro Italia; e però seguivano per la sacra via. Ma quando il bisogno lo volle, la lode dalla bocca del presidente Manin usciva pronta a lusingarli. La lode, più che ad altri, piace ai giovani. Essi, raddolciti da questa, non una, ma cento vite avrebbono dato. Tali sono i giovani.