8 I - L’Albania di ogni giogo ed assicurare così l’espansione e la dominazione della razza, sviluppandone le virtù guerresche e salvaguardandone la libertà e l’indipendenza. I rapporti giuridici degli Albanesi sono regolati dalle consuetudini alle quali, quindi, s’informano il diritto civile e il diritto penale; le consuetudini, perciò, sono il fondamento politico e religioso dell’assetto sociale del paese. Ogni Albanese si crede in diritto di punire, anche con le armi, chiunque osasse non riconoscere le consuetudini del paese. Questo sistema porta naturalmente alle più gravi condizioni di anarchia e quindi è sperabile che, a poco a poco, la vera legge si venga a sostituire alle antiquate consuetudini che devono diventare solo un ricordo storico. Con le nuove leggi gli Albanesi deporranno le armi che essi portano continuamente per propria difesa e per quella della famiglia e dell’onore, contro gli insulti delle tribù nemiche, e tutto ciò deve avvenire nell’interesse del popolo che con le sue consuetudini barbaresche, si è rovinato moralmente e finanziariamente. Il diritto albanese è fissato in termini assoluti nel kanun Ducaginit, ossia, come si è detto, il codice delle leggi del popolo. Queste leggi sono state formate per una costante osservanza dei costumi e da decisioni prese dai bairak, cioè dalle bandiere, ad ognuna delle quali presiede un bairaktar, o alfiere. Lo spirito del popolo, nel formare questi principi, si è prefisso di salvaguardare la base fondamentale della società che comprende la vita, l’onore e la proprietà ed esclude per se stessa nell’Albanese il principio di barbarie, confermando invece il principio della vita primitiva. Certo, però, le condizioni sociali nelle quali è vissuto il popolo albanese hanno fatto sì che in pratica le leggi suddette non sempre poterono venire applicate con adeguati metodi civili. Il parricida, per es., non viene punito, e ciò in base alla legge del sangue. Così pure la legge civile matrimoniale non è sempre quella che si vorrebbe, imperocché, mentre l’uomo può ripudiare a piacimento la sua fidanzata, a questa non è concesso in verun caso di ripudiare il fidanzato, se non con la garanzia formale che resterà sempre nubile, e ciò pena la morte. Nei casi di matrimonio consumato, mentre la moglie non può ripudiare il marito, questi è sempre padrone di ripudiarla quando più gli aggrada, e prenderne un’altra. In tal caso l’uomo chiama la donna e le taglia ai fianchi due fiocchi della cintura dichiarandola libera. Questo concetto rammenta l’uso antichissimo della schiavitù della donna. E la donna, almeno apparentemente, è schiava o, più propriamente, sottomessa in tutto all’uomo così tra gli Albanesi cristiani, come tra i musulmani. Due usi caratteristici del popolo albanese sono l’ospitalità (me prit mikun, ovvero « ricevere l’amico ») e la vendetta (giak, ghiak, o « sangue », « vendetta di sangue»). Nell’ospitalità del Malissoro s’impernia il sentimento del dovere principale verso il prossimo, nella vendetta si nasconde l’onore individuale, quello della famiglia e della tribù. Sotto questo, aspetto l’Albanese ha punti di contatto assai evidenti specialmente con gli isolani delle grandi