Introduzione XXI Arriviamo, quindi, al 1898, quando, non essendomi stato concesso, per gli incidenti capitatimi l’anno precedente, di rientrare direttamente in Albania, pensai di rivolgermi di nuovo al Montenegro per tentare, se mi fosse stato possibile, di varcare da quella parte la frontiera. La lettera diretta al marchese Doria in data 28 agosto 1898 dà conto sommario del mio viaggio di quell’anno lungo i confini montenegrino-albanesi (1). Le difficoltà createmi da ogni parte, fuorché nel Montenegro (che tuttavia rimaneva impotente ad aprirmi la strada), per ritornare nell’Albania, mi indussero l’anno successivo a ritornare in Creta, rimandando al 1900 il progetto di ritentare il paese dei Malissori. Così, in mezzo a timori continui, potei compiere il primo viaggio di esplorazione dello Zem e poscia, nel 1901, per non generare sospetti, far compiere un secondo viaggio a mio fratello Annibaie; finché nel 1902, per volontà dell’on. Zanardelli, su proposta del Ministro dell’istruzione Pubblica del tempo, on. Nasi, non venne deliberato di inviare nel Montenegro e nell’Albania adiacente una Commissione scientifica, la cui direzione venne a me affidata e confermata anche l’anno successivo per il Montenegro. Non soltanto per ricerche botaniche mi attrasse nel suo seno l’Albania; la brama di studiare quel forte virgulto superstite del grande albero etnico adriatico, così singolare e caratteristico nel suo stato sociale primitivo, mi guidò in tutti i viaggi albanesi, senza però, pretendere — come era naturale per un botanico — di dare una soluzione a quell’intricatissimo problema intorno al quale nè storici, nè etnografi, nè archeologi, nè sociologi sono riusciti finora a soddisfare le nostre speranze. Il problema, come per la storia e l’etnografia, rimase tuttora in gran parte insoluto anche per tutte le scienze naturali, non esclusa la geografia; non mancano di errori grossolani anche le opere -e le carte più recenti e più accreditate. Darò quindi, come già feci per il Montenegro, qualche maggiore sviluppo ai miei appunti di viaggio, specialmente per quanto può servire alla migliore conoscenza della flora e del paesaggio, ma non trascurerò alcun accenno ad altro argomento che sia giunto a mia cognizione, perchè, ripetendo le parole del De Gubernatis sull’Epiro, « ogni ramo di coltura può essere a noi sorgente di studi; l’etnografia aspetta che si sollevi il fitto velo che la ricopre; la storia non fu scritta e si tiene viva ancora nelle rovine, nelle leggende, nelle (1) Cfr. Bollettino della Società Geografica Italiana (1898), pag. 499.