94 II - Nell’Albania Centrale ci lasciava colla scusa che non si sentiva in grado di affrontare la salita. Erano le dieci antimeridiane, la temperatura a 40°, la sete non dava tregua con l’acqua calda portata dal torrente. Salì e il suo amico aggiunsero al loro fardello quanto avevano ereditato dal vagabondo che ci aveva abbandonato. Via via che si guadagnava nell’ascesa la provvista dell’acqua diminuiva a vista d’occhio e la sete e la stanchezza aumentavano in modo terribile. Nella boscaglia di leccio la Rhamnus injectoria var. pubescens e il Hiera-cium pannosum var. furono le due specie più rare raccolte; oltre, per più d’un’ora, fu impossibile pretendere qualsiasi lavoro, chè il sudore accecava grondando dalla fronte sugli occhi. Nel letto di un ruscelletto asciutto trovammo alfine una pozzanghera d’acqua che ci ridonò la vita, permettendo specialmente a me di attendere a qualche raccolta. Il Cirsium Candelabrum, la Chamaepeuce strida, Digitalis laevigata, Satureja montana, Armeria majellensis vivevano nelle ghiaie al limite delle quali penetrammo in praterie sassose caratterizzate dal Bupieurum flavicans. Qui, all’una pomeridiana, trovammo alcuni stani dove fummo bene accolti. Alle due, accompagnati da un giovanotto del luogo, eravamo nuovamente in via per la più alta cima del Cepin, internandoci gradatamente entro selve di abete e ginepro, in alcuni punti impraticabili. Durante l’ascesa notai grande numero di vipere che non mostravano turbamento per la nostra presenza restando quasi immobili. Le selve di Conifere cominciano nel Cepin intorno ai 1600 metri e arrivano fino a pochi metri dalla cima costituita da macigni colossali che la rendono impraticabile. Al limite superiore delle foreste notai alberelli di Sorbus graeca e Carpinus orientalis e nelle rupi ombreggiate: Rubus idaeus, Aremonia agrimonioides, Saxijraga tay-getea, Doronicum austriacum, Hieracium Orieni, A spidium aculeatum. Sulla sommità pochi esemplari di Cerasus prostrata e alcuni saggi di Saxijraga po-rophylla. La nebbia e il vento si beffarono di noi, e, per non rimanere più a lungo inoperosi, verso le quattro cominciammo la discesa a N.O. seguendo un burrone quasi a picco, pericolosissimo, a metà del quale, mentre raccoglievo la Pyrola secunda, un masso, smosso involontariamente dai compagni, si andava a frantumare contro le pareti a me adiacenti. Entrammo quindi nella foresta di Quercus Ilex, ove vidi in frutto la Corydalis densiflora. Il leccio, a 1400 metri confuso da questa parte col pino, Acer monspessulanum ed altri alberi, si trova a 1300-1200 metri quasi solo a costituire le selve del monte. Sul far della sera rientrammo nella valle del torrente Smoctina coperta di platani d’Oriente; lasciammo poscia a sinistra una gola rupestre in cui passa il torrente; quivi riconobbi la Silene linifolia var. glandulosa e YEphedra campylopoda; poi rivedemmo l’olivo e nelle adiacenze della casa dell’amico di Salì, a Smoctina, presso fichi e peri selvatici, il Cirsium siculum, VEuphorbia Gerardiana, una forma gigantea di Menta Pulegium. L’indomani, 27 luglio, ripartivamo per Vallona rifacendo la strada del 24, e promettendo al bravo nostro ospite che ci fu guida preziosa sui monti Gruca Surit, Candavits e Cepin di rivederlo in occasione non lontana.