Ili - Nell’Albania Centrale 135 serabile popolo, rovinando quasi lo stesso giorno in cui era stato finito, quel paesaggio, dico, che richiamava alla memoria tante crudeli e pur interessanti vicende, mi imprimeva nell’animo la più chiara realtà della storia, della vita e della natura d’Albania. Al cospetto della città di Tepeleni che tutti conoscono di nome, ma che pochi hanno veduto, chi è che non corre col pensiero all’energico, audace e crudele Tosco, che incarna in sè i primi e più potenti momenti delle guerre che condussero all’indipendenza della Grecia? Ecco la patria di Alì, di uno dei più crudeli e intelligenti uomini che abbia visto l’Europa in questo secolo: dagli spalti della sua cadente fortezza pare che ancora aleggi intorno lo spirito di quella vita, che fu e che sempre sarà nei secoli degna del più alto culto per gli Albanesi. La valle della Vojussa è molto ampia a Tepeleni, anche perchè il fiume Drinupoli, il più importante affluente di sinistra di questo « Aous» mai abbastanza decantato, ha qui il suo termine. La corrente era larga, ma poco profonda e noi la guadammo facilmente. Dalla sinistra della Vojussa, dominata dal masso sul quale sorge la città, che, appunto per la sua posizione, torreggia dall’altezza di 195 metri sul mare, s’arriva al borgo in un quarto d’ora di salita. Nelle pareti del masso notai: Putoria calabrica, A sperula chlorantha, Onopordon illyricum, Marrubium peregrinum e la solita Ephedra campylopoda. Tepelen (in turco Tepedelen) o Tepeleni è un borgo di circa un centinaio di case. La tradizione dice che ai tempi di Alì le case erano esattamente cento, ma dopo la distruzione di quella del grande clefta per opera dei Turchi, sono rimaste e rimarranno sempre novantanove, perchè quando se ne costruisce una nuova, un’altra delle esistenti deve necessariamente rovinare. Con ciò il popolo vuol dire che Tepeleni non ha mai potuto progredire, e, più che città, esso è rimasto qual’era, un borgo o, meglio una fortezza, ma una fortezza alla moda turca, cioè in sfacelo. L’abitano Albanesi musulmani e greci, questi in grande minoranza. Ha un modesto bazar con due o tre han e il suo commercio si fa principalmente con Vallona e in secondo luogo con Argirocastro. È sede di caj-macam, stazione di posta e telegrafo turchi, in servizio interno. Mail suo più gran merito sarà sempre quello d’aver dato i natali al suo Alì, il quale, uscito da una famiglia di avventurieri, dovette a sè stesso la straordinaria sua fortuna. Alì nacque tra il 1740 e il 1750, la data non essendo bene accertata. Uno dei suoi antenati, antico clejta, si era impadronito per sorpresa di Tepeleni, ma il dominio fu breve nella sua famiglia, poiché il padre di Alì, Velhi bei, fu spogliato di quasi tutte le sue possessioni dai suoi vicini, e morì di dolore lasciando al figliuolo, che aveva allora quattordici anni, la cura di ricuperare il patrimonio perduto. Il giovinetto rimase così colla madre, Scianco, dalla quale aveva ereditato tutta la fierezza e l’intelligenza albanese. Essa fece la guerra ai nemici della sua casa e dopo un’alternativa di vittorie e di sconfitte, cadde, insieme con la figlia Scenitsa, nelle mani degli abitanti di Gardiki (grosso villaggio tra le montagne a sud di Tepeleni e a nord-ovest di Argirocastro), che la trattarono molto crudelmente. Restituita in libertà, non potè mai dimenticare il ricevuto