i6 I - L’Albania donna; l’uomo porta nella mano alzata un fazzoletto e la donna una mela; questo è un ballo erotico. Il modo di danzare dei Gheghi è comune anche nel popolo di Tirana e di Elbassan; ma colà è influenzato dal ritmo orientale. Una differenza notevole offrono le danze dei Toschi che imitano da vicino le danze greche; esse rappresentano i sirtò, simili ai kolo degli Slavi, ossia danze in circolo, le quali sono dirette da un capo. I movimenti sono uguali in tutti, ma agili nei tempi delle mani e dei piedi. Il ballo a due è comune tra i Toschi. Come semplici sono il canto e la danza, altrettanto primitiva è la musica. Gli strumenti musicali degli Albanesi gheghi sono preistorici e si riducono ad una specie di zufolo (fell), alle cornamuse (zumare) e ad una specie di zampogna di fattura semplicissima. L’unico strumento a corda è la lahuta (gusla degli Slavi), che è un tipo di violino monocorde. Uno strumento di origine orientale è il karadiizen, specie di mandolino penetrato da mezzo secolo anche nelle montagne. I Toschi conoscono il violino europeo introdotto certamente con la propaganda ellenica. Negli Albanesi sono assai sviluppate le disposizioni per la musica, come si può arguire dalla facilità con la quale i bambini imparano a cantare e suonare nelle scuole, nelle chiese e nei concerti, che diventano a poco a poco di moda nelle città: non è raro trovare nei bambini una finezza di sentimento e una modulazione che sorprende: ciò è segno dell’intelligenza viva e varia del popolo. Questa intelligenza non è limitata soltanto alla musica, perchè essa sembra adatta anche alle scienze speculative (forse meno alle positive), la quale cosa conferma il temperamento meridionale di questo popolo. Il suo gusto per l’arte si può ammirare nei ricami, nelle filigrane, nei disegni, di cui orna gli strumenti dell’uso: l’intaglio in legno è anche una delle forme sulle quali si estrinsecano le sue attitudini artistiche. La conferenza di Londra, delimitato ciò che avrebbe dovuto essere l’Albania indipendente, assegnava al nuovo Stato una superficie di circa 28.000 kmq. con 800.000 abitanti. Non era, questa, la Grande Albania che desideravano i patrioti. Essi avrebbero voluto i quattro ex-vilajet turchi di Scutari (10.800 kmq.), Gianina (17.000 kmq.), Cossovo (32.900 kmq.) e Monastir (28.500 kmq.), cui taluno aggiungeva anche una parte del vilajet di Salonicco (circa 3000 kmq.), ossia, in tutto, 92.200 kmq. con una popolazione approssimativa di oltre 2 milioni e mezzo di abitanti. Ma la loro era una aspirazione esagerata, perchè, mentre è vero che lo Stato, quale lo aveva delimitato la conferenza a Londra, non accoglieva tutta la grande famiglia albanese disseminata nella sezione occidentale della penisola balcanica, è anche vero che, oltre quei confini, i gruppi di Albanesi diminuiscono di intensità fino a scomparire totalmente a mano a mano che ci si allontana dal nucleo centrale costituito dal nuovo Stato, e ciò fino al punto di imbatterci in gruppi di Albanesi tollerati fra le popolazioni greche e slave predominanti. La creazione di uno Stato albanese di media grandezza, come venne designato dall’Europa e abitato quasi esclusivamente