XXII Introduzione canzoni popolari; le scienze naturali non ebbero corredo alcuno o scarsissimo di scoperte; la filologia deve ancora mettere in chiaro l’antico idioma, di cui le traccie, sparse qua e là, ci appariscono sia nelle iscrizioni, sia nell’eloquente monumento del linguaggio popolare. È terreno vergine sotto ogni rapporto questa provincia...; tutto vi è materia a lavoro, a guadagni, a scoperte, a trionfo » (i). Parole d’oro, che gli Italiani avrebbero dovuto considerare fin da quando vennero scritte, e si completano con quelle da molti anni pronunciate da Cristoforo Negri: « Non vi è paese che più dell’Italia abbia interesse nella questione d’Oriente. Se muore la Turchia e l’asse ereditario non si divide secondo le nostre, ma secondo le altrui opportunità; se, per esempio, l’Egitto cade in mano inglese; se l’Austria procede dalla Dalmazia in Albania, a noi presto mancherà, nel bel mezzo del Mediterraneo proprio l’aria da respirare »'(2). L’antiveggenza del nostro antico diplomatico e presidente fondatore della Società Geografica Italiana ha dimostrato alla luce del sole che per un lungo, periodo posteriore al Negri, l'Italia non ha tenuto a comparire nel suo mare. In senso vasto e geografico nazionale, l’Albania comprenderebbe un paese doppio o triplo di quello che ha stabilito la conferenza di Londra del 1913. Naturalmente, negli Itinerari che seguono, compiuti tutti sotto il regime ottomano, io non posso attenermi ai confini della Conferenza. Anche allora, del resto, Albania ed Epiro formavano due regioni amministrativamente staccate l’una dall’altra: l’Albania propriamente detta o vilajet di Scutari, abitata dai Gheghi, cattolici e musulmani, che parlano il dialetto ghego, ambita dagli Slavi; l’altra, o vilajet di Epiro o di Gianina, abitata da Albanesi Toschi che parlano il dialetto tosco e da Greci e tanto desiderata dalla Grecia. Beninteso la Turchia, formando questi due governatorati generali, non si era curata di tener calcolo dell’etnografia e della geografia; essa non aveva seguito altro concetto che quello della superficie. In passato, quando si parlava dell’Albania, come di molte altre provincie soggette alla Turchia, si ricordava un paese sepolto in una desolante barbarie che nulla aveva da invidiare alle più remote contrade africane, perchè nessuno, nè Governo, nè abitatori, seguendo le consuetudini orientali, si erano mai curati di nulla. I Turchi, del resto, tenevano i paesi di Europa come do- (1) De Gubernatis, Cenni sull'Epiro e sulla sua nuova carta. Roma, Tipografia Capaccini e Ripamonti, 1884. Vedi anche dello stesso Autore la Carta e la Memoria nel Bollettino della Società Geografica Italiana (1879), pag. 133. (2) Negri, La grandezza italiana. Torino, 1864.