54 II - Nell’Albania Centrale La mattina seguente, col sole alto, salutammo i nostri ospiti. Ci internammo nei ricchissimi dumeti a sud di Selenitsa coll’obiettivo di lasciare Armeni alle nostre spalle e scendere nella Suscitsa ira questo villaggio e Pencova. Il sentiero difficile ci guidò in tre quarti d’ora sul crinale del Malji Treblovs alla Ciafa Armenit. Il substrato a puddinghe ed arenarie giallastre è coperto da macchie del più bello e rigoglioso sviluppo meridionale. Le eriche si alternano coi corbezzoli, mirti, pistacchi. La Clematis Flammula e la Smilax aspera s’allacciano ai cespugli invadendoli fino alla sommità e ricadendo in festoni che ingombrano la via, sulla quale non incontriamo, nè vediamo a destra ed a sinistra anima viva. Nello sfondo variopinto di questo forte e colorito paesaggio vegetale, che l’afa di un limpido mezzogiorno di giugno, il cicaleccio assordante delle cicale, l’incessante ed attivissimo svolazzare di miriadi d’insetti rendono capace di colpire la più malinconica immaginazione, sta il poverissimo villaggio di Pencova, il quale se può far rinascere il pensiero della miseria in un cuore europeo, è pure ammaestramento sommo e non dispregevole del come questa primitiva gente albanese non sembri aspirare menomamente a modificare lo stato sociale in cui si trova da secoli, direi quasi da millenni. Poco sotto il crinale or ora valicato s’arresta la zona dendroide col riapparire delle argille bluastre, sulle quali acquistano proporzioni straordinarie le praterie immense che l’uomo non ha mai saputo, nè voluto utilizzare. Lepri e pernici in quantità pascolano in mezzo agli alti Andropogon o all’ombra di magri cespugli di marruca, dove vidi sovente riparati con Bromus e Lepturus scarsi esemplari del magnifico Himantoglossum hircinuum, dell’ Ecballium Ela-terium e della Bryonia dioica. Nei luoghi pili aridi, se arido può dirsi questo terreno naturalmente concimato per secolari depositi di detriti organici, vivevano l’Haplophyllum coronarium, la Scabiosa ucranica, la Chamaepeuce strida con ì’Onobrychis, la Centaurea salonitana e l’Anacamptis pyramidalis. Nella direzione di ponente rintracciammo la strada del giorno innanzi. Al guado della Suscitsa mettemmo i nostri cavalli al galoppo, ma qui non era nel mio programma una violenta caduta dal poco bollente bucefalo, che fortunatamente valse a correggere il mio ardore di cavallerizzo per le future escursioni. * * * Prima d’intraprendere lo studio della maestosa mole del monte Cudesi, il principale e più vicino colosso visibile dalla Ciafa Cociut di Vallona, credetti opportuna un’escursione ai Caraburun verso il classico capo Linguetta. Per questa gita disposi del 20 e 21 di giugno. Imbarcatomi il dopopranzo sulla barca Fortunata, con forte vento maestrale, ci dirigemmo in direzione S.O., raggiungendo presto in due ore il piccolo porto di San Basilio. Chi intendesse di fare da Vallona gite di mare fino a tutta la distesa delle coste che circoscrivono la rada, nei territori di Pascialiman, della penisoletta