84 II - Nell’Albania Centrale Vaillantia aristata valse a sollevarmi dallo sconforto in cui mi aveva messo la sete. Il monte Stogo, che secondo le mie osservazioni arriva a 1900 metri circa, è segnato nelle prime edizioni della carta austriaca (scala 1 : 300.000; foglio L. 14) coll’altezza di 1828 metri, portati per errore nelle edizioni posteriori a 1028 metri. La sua cima è, come ho accennato, un cono giurassico arido, scoperto e quindi esposto all’azione di tutti i venti. Vi mancano le rupi, se si eccettuano piccoli massi di circa quattro metri che riparano il Rubus idaeus ricordato. Mezz’ora di riposo mi diede modo di raccogliere qua e là nei ripidi dossi le altre specie che figurano nella mia « Rivista critica della collezione albanese del 1892 », e godere il panorama, parzialmente offuscato dal cielo in causa del vento di scirocco, che comprendeva ad oriente la nera rupe del Cepin e i finitimi Griva curiosissimi, sul versante della Suscitsa, per gli innumerevoli potok discendenti parallelamente da tutto lo sviluppo di quella lunga, ripida e uniforme catena; a settentrione la valle della Suscitsa col Cudesi, Malacastra e il piano di Muzakjà, a ponente il mare e a mezzodì le tetre chine a precipizio dei Chimara, coperte di nere abetaje. Dal vertice dello Stogo discendemmo in direzione del passo di S. Giorgio. Oltre le praterie sassose trovammo rupi a picco con qualche traccia di umidità. Vi scoprii l’elegante Arenaria gracilis; poi ci addentrammo nelle folte foreste di abete, pino, larice, carpino, Ostrya, Buxus, acero, che manifestano splendidamente la tipica vegetazione delle foreste montane. Mancava ogni accenno di quercia. Il Pyrethrum macrophyllum, l’Achillea abrotanoid.es e YEuphorbia amygdaloides erano le più interessanti a margine della foresta, entro la quale il Leontodon graecum sulle rupi e la Betonica graeca, Staehelina uniflosculosa, Galium lucidum, A sperula longiflora, Dianthus inodorus negli altri substrati spiccavano fra le più diffuse. Ma quale difficoltà non ci oppose la discesa entro la ripida foresta accidentata di precipizi, di tronchi d’abete, senza una sorgente! La nostra posizione andava peggiorando ogni momento, i due uomini non conoscevano minimamente il laberinto e tutto ci faceva credere che saremmo rimasti a passare la notte nelle orride gole dominanti il profondo burrone nel quale si raccolgono le acque delle tempeste che si scatenano sullo Stogo. Finalmente sul far della sera, superati ostacoli enormi, uscimmo all’aperto nelle macchie mediterranee e ritrovammo il sentiero di Ducati. Incontrammo pastori a cavallo che portavano otri d’acqua agli stani! Salì e gli ospiti ci aspettavano impazienti sul limitare della casa; avevano sospettato di un sequestro. Invece non furono che quindici ore di escursione. L’indomani mattina partimmo per le capanne del monte Kiore sopra Logarà. Il nostro ospite volle personalmente accompagnarci presso un suo amico pastore, offrendoci novella prova di quanto possa l’amicizia fra questa gente. Perciò il nostro gendarme, per non compromettere colla sua presenza l’ospite che fra poco ci avrebbe accolti, restò tranquillamente nell'han di Ducati tenuto, secondo il costume, da un greco, il quale aveva fatto di tutto per mandare a monte l’ospitalità offertaci dall’amico di Salì e attirarci in cambio