9° II - Nell’Albania Centrale montano di Nivitsa Lopes, salire il dirupatissimo monte Cepin e chiudere l’escursione. Il programma venne in pratica leggermente modificato per due ragioni, l’una dall’altra dipendente, essendomi accorto del ritardo di quindici giorni col quale la gita veniva compiuta e quindi dell’inutilità di perdere quasi otto ore di cammino entro il confusissimo e montano nucleo che va dalle alte vette del Griva al villaggio di Nivitsa dal quale poi, per arrivare a Vermicu sotto, il monte Cepin, sarebbe quasi occorso altrettanto senza che la fatica trovasse compenso sufficiente. Combinato il piano con Salì, questi approvò di passare per Smoctina, ov’egli mi assicurò di avere un amico affezionato che ci sarebbe stato abilissimo come guida. Il solito gendarme a cavallo era con noi. Fino a Mavrova la strada è nota. Nelle vicinanze di questo villaggio sono enormi banchi di calcare bianco entro i quali, per un tratto, penetra la mulattiera. È la Shcala Mavrova, ove bisogna discendere da cavallo. Il terreno, coperto di dumeti con Paliurus, Crataegus, Phyllirea, Quercus coccijera e grandi esemplari di Anthyllis Hermanniae, di prati abbandonati con Chrysanthemum Myconis, Centaurea Guicciardii, di poche e magre aree coltivate, mostra, al solito, l’incuria della popolazione per l’agricoltura. Ai noti ed ormai noiosi dumeti subentra una larga estensione occupata da Quercus conjerta in parte capitozzata e devastata dal bestiame. Prima della salita di Velcia (Belciu delle edizioni posteriori della Carta austriaca; Velci delle prime; Veltscia della carta di De Gubernatis) erano allora comuni, nelle colline argillose, piccoli arbusti sterili di Quercus Grisebachii con foglie allungate, profondamente seghettate, crenate, colle crenature che tendono a piegarsi a cartoccio verso la pagina superiore, coi rami giovani lunghi, sottili e pieghevoli: una forma singolare che dimostra anche qui il suo infinito polimorfismo. Si passa un rio, delimitato a destra e sinistra da argille che portano le solite marne. A mezz’ora da Velcia si trova l’abbondante e fresca sorgente che disseta il villaggio e che fu stazione di fermata per noi, essendoci riparati sotto la chioma del gigantesco platano da una pioggerella passeggiera. Sopra e accanto la sorgente cominciano i grossi massi calcarei con rupi e precipizi che circondano Velcia e sui quali distinsi, senza poterne raccogliere un solo frammento: Sìlene linijolia var. glandulosa, Coronilla glauca, Amygdalus communis var. amara, Putoria calabrica, Inula candida var., Ephedra •campylopoda. Al di là del villaggio composto da sessanta a settanta case scure e agglomerate in una specie di conca, la mulattiera s’arrampica per colline gradata-mente sempre più alte, a dumeti bassi e fitti che indicano la violenza dei venti da cui quelle sono battute. Lungo la via tombe sparse in quantità, secondo l’usanza musulmana. Nei primi caseggiati di Smoctina (questo villaggio risulta, come quello già noto di Cudesi, dall’insieme di molti gruppi di abitazioni che sono da considerarsi altrettanti villaggi a distanze più o meno notevoli l’uno dall’altro) trovammo indizio di vegetazione più lussureggiante che s’andò via via ac-