II - Nell’Albania Centrale 107 È superfluo, secondo il solito, ricordare che noi impiegammo molto di più a causa del nostro lavoro. Lasciammo le capanne coll’alzar del sole io, Salì, il direttore di polizia di Berat, cinque gendarmi e due pastori; i kiragì coi cavalli dovevano trovarsi la sera al villaggio di Ljubesci dove avevamo stabilito di discendere. Le pareti verticali che rendono inaccessibile tutto il Tomor nel suo versante occidentale, sono anche frequenti negli altri versanti, ma non tanto da vietarne l’ascesa in diverse direzioni. Così mi fu riferito che, oltre il sentiero da noi seguito, altri non pochi verso il versante di Macedonia portavano comodamente al Tomor Maja. Questa montagna si presenta mirabilmente nella sua forma e struttura (che io paragono al monte Com del Montenegro, altra mole calcarea, tagliata a picco e dominata da due alte cupole) come, in generale, le altre montagne che formano il sistema orografico adriatico e jonico. Qua e là macchiata di piccoli nevai anche nel colmo dell’estate, ha una flora alpina che manifesta irradiazioni notevolissime della greca, la quale sembra raggiungere nel Tomor il suo vero limite settentrionale; partecipa pure in grado notevole di quella dell'Italia centrale, ma più di tutto della dalmato-montenegiina e della macedonica che, da quanto ho più volte osservato nella sezione centrale del Pindo, mostra la sua relazione colla ponto-caucasica. I franamenti sono frequentissimi nel Tomor come del resto in tutti i gruppi montuosi ad esso equivalenti; lo sciogliersi lento, uniforme delle nevi, non meno della forza degli uragani, corrode e stacca facilmente i massi che con leggiero spostamento vengono trascinati dall’altezza di centinaia di metri, restringendo sempre più le elevate foreste di Conifere che memoria d’uomo ricorda quasi fin sulle cime tanto ad occidente quanto ad oriente, dove ora s’incontrano appena isolati tronchi di Pinus Mu-ghus, la specie di pino più diffusa nei monti dell’Adriatico e dell’Jonio. Il Tomor ha praterie molto ristrette e piuttosto aride, manca di sorgenti e quindi di rigagnoli; per questo la flora delle sue regioni più elevate è principalmente data da specie in maggioranza perenni, legnose o suffruticose alla base, talvolta eri-nacee, talvolta a ramificazione dicotomica e cespugliosa, per lo più tomentose o differentemente pelose per assorbire l’umidità dell’ambiente. Ecco intanto come si svolse la nostra gita. Io fui sorpreso di nuovo dalla febbre a breve distanza dalle capanne, presso l’entrata della prima spaccatura. Mi tormentava anche la monotonia della fiora devastata dalle pecore, l’oppri mente calore del sole già alto e il timore che esprimevano i miei uomini di cadere in qualche imboscata durante la discesa a Ljubesci. Ciò mi urtava più di tutto, perchè esagerato ad arte, volendo essi indurmi ad abbreviare il cammino per ridurre quella fatica che prevedevano doversi prolungare per tutta la giornata. La febbre intanto guadagnava d’intensità, obbligandomi a riposare ogni dieci passi. Imboccammo finalmente la prima spaccatura intersecata di nevai, nell’ondulato fondo e ridentissima di vegetazione rupestre nelle alte pareti, di flora pra-