II - Nell’Albania Centrale 37 noi la vedemmo in quel sereno 7 giugno, presentava un aspetto solenne; i differenti strati della roccia, che scendono qua e là a picco sul mare, altrove in dolci declivi formanti spiaggie arenose, gli oli veti glauchi, i dumeti estesi, la bellissima e variopinta tinta del mare calmo, il silenzio sovrano, tutto il gentile e poetico insieme di Paleocastrizza costituiva allora un quadro che avrebbe potuto impressionare assai più di una sentimentale e bionda pittrice nordica. Paleocastrizza è un nido d’amore! Ha i suoi dintorni, prima della salita al monastero, che terminano con una spiccata insenatura del mare. Il botanico trova in questa spiaggia Y Enarthrocarpus arcuatus e V Anthemis tomentosa, due interessanti specie che nel 1888 io aveva potuto raccogliere in identico « habitat » fra Pirghì ed Ipsò sotto il monte Pantocrator. Nella rupe vicina, che mi sembrò schistosa, vegetava una gigantesca Brassica e una Labiata del portamento dell’Origanum Dictamnus. In tutta l’isola di Corfù la vegetazione si manifesta rigogliosamente mediterranea dalle spiagge fino alla cima più alta del monte Pantocrator, dove vegetano: Anchusa undulata, Scutellaria Linnaeana, Ajuga orientalis, Lamium longifiorum, Asphodeline liburnica, ma nell’estensione dalla città di Corfù a Paleocastrizza questa vegetazione è sorprendente: pare di attraversare un ricchissimo e vastissimo parco. Gli uliveti formano in parecchi punti estese foreste e dove manca l’ulivo sorgono vigneti di passolina e di altre varietà di uva, appezzamenti di terreno con nespoli del Giappone, aranci, limoni, melagrani. Lande e luoghi aridi sono estremamente radi. I pochi luoghi negletti dall’uomo si trovano coperti da dumeti di Quercus Ilex e Q. coccifera, Erica verticillata, Arbutus Unedo, A. Andrachne, Pistacia Lentiscus, P. Tere-binthus; poi da Rosmarinus officinalis, Putoria calabrica, Anthyllis Hermanniae, indi da Teucrium Polium, T. flavurn e da pressoché tutte le piante generalizzate nel dominio mediterraneo, in cui l’isola di Corfù si inquadra come eccellente punto anche riguardo agli endemismi, molti dei quali vennero riportati dal Gelmi (1). Tra un’osservazione e l’altra, più o meno etnografica, sul popolo di Corfù, fu combinata per la sera dell’8 una visita allo scoglio di Vido antistante alla città. Nei tempi delle troppo frequenti, inutili e malfatte quarantene greche questo scoglio serve di lazzaretto ai disgraziati viaggiatori sottoposti a non meno di sei giorni d’osservazione. In giugno, Vido non aveva di speciale in vegetazione arborea che l’ailanto, ancora comune presso le rovine di quella fortezza veneta che gli Inglesi fecero saltare, quando consegnarono le isole joniche al governo ellenico. Dappertutto sorgono fortezze distrutte, a Corfù. I Veneti avevano pensato seriamente ai casi che potevano loro accadere nei propri domini ed in vicinanza di essi: di Corfù fecero una piazza forte di primo ordine, ben convinti che essa era la chiave di tutti i loro possedimenti nel Levante. (1) Gelmi: Contribuzione alla Flora dell’isola di Corfù. Firenze, Boll. d. Società bot. it., 1889, pag. 446.