II - Nell’Albania Centrale 97 era stato visto accompagnato da indigeni ora in un luogo ora nell’altro, dove aveva guarito « centinaia di ammalati », distribuendo medicamenti, consigli, facendo miracoli e chi sa quant’altre cose, tutte inventate dall’infantile fantasia di questa gente che ricorderà per anni le qualità superiori delle piante patrie, attribuendo loro le virtù terapeutiche piti svariate e comprovando ogni loro detto col fatto che un botanico straniero aveva speso immenso denaro per venirle a cercare. Fra Milona e Voditsa il sentiero attraversa magnifici dumeti di Phyllirea e mirto e a Drasciovitsa notevoli boscaglie di olivi che riparano cimiteri musulmani. Nella discesa da Drasciovitsa a Kisbarda, in substrato calcareo asciuttissimo, mi sorprese la presenza quasi strana del platano che per solito non può vivere fuori dell’influenza dei terreni umidi e schistosi. Nelle macchie successive al platano viveva il lauro in esemplari sofferenti, al contrario di quanto avviene sul versante adriatico, dove, fra Crionerò e Radima, fu constatato sviluppatissimo. A Drasciovitsa presi anche nota dell’Eryngiutn amethystinum, Carlina lanata, Cirsium italicum e C. siculum. Finalmente, giorno per giorno, l’autorità del ¿angiaccato di Berat andava riuscendo a frenare il brigantaggio nei distretti montuosi fra il Tomor e la Macedonia e le frequenti carovane che mano mano arrivavano a Vallona davano affidamento dell'impotenza in cui ormai erano state ridotte le forti bande armate per opera delle numerose compagnie di soldati regolari mandate ad appoggiare la gendarmeria. Anche Salì cominciava a rinfrancarsi. Conoscitore perfetto delle tribù del Tomor, fra le quali aveva passato l’intera adolescenza ed una parte della giovinezza, acquistandosi il merito di haiduk che gli doveva poi procurare speciale importanza presso i nuovi amici dei distretti adriatici, mi andava assicurando che presto avremmo potuto intraprendere la desiderata escursione nella più imponente montagna dell’Albania centrale. Noi lasciammo Vallona, accompagnati da un suvari, nel puro e tranquillo pomeriggio del 7 agosto. I nostri due cavalli portavano tutto l’indispensabile perchè l’esplorazione si effettuasse col miglior esito possibile; fra le molte coperte da campo nascosi il vestito meno consumato col quale dovevo presentarmi al mutesarij di Berat per ottenere più sollecitamente, con un po’ d’apparenza esterna, il permesso di dirigermi verso il Tomor. Non bisogna dimenticare che in Turchia, più che da noi, l’abito fa il monaco. È sempre interessante e in qualche modo pittoresco e ridicolo, ma più ridicolo che pittoresco, osservare nell’interno di queste provincie, che fanno tanta concorrenza alla barbarie, impiegati e notabili con soprabiti che vogliono imitare l’ultima moda e non sono che gli avanzi logori di tempi andati, 7