Ili - Nell’Albania Centrale 129 invece che alla cima del m. Hon., come avevamo prima divisato. Addio piccola e quieta oasi di Radima; grazie dell’ospitalità che ci hai dato! Il sentiero, tagliato nel brullo calcare, dapprima facile, sale per leggiero pendìo e traversa dopo meno di mezz’ora il rio di Radima. A più di cento metri in alto, sulla nostra destra, osservai una macchia isolata e costituita di Cerasus Mahaleb, Ficus carica, Populus tremula e Ostrya carpinijolia. Sui ciglioni delle rupi intorno, caduta forse dall’alto, la Draba parnassica presso i cespugli di Ephedra campylopoda e di Nephrodium Filix-mas. Nei luoghi aridi la Silene pa-radoxa, VOnopordon illyricum ed 0. Acanthium. Nessuna traccia di sorgente. Avanzando, si entra ben presto nel lungo pianoro che collega il masso del m. Hon al m. Sascitsa. È un pianoro molto frequentato dai pastori che vi hanno fabbricato parecchi gruppi di stani. Qui le praterie sono rigogliose. Fu entro una piccola dolina che trovai l’Achillea Baldaccìi gentilmente dedicatami dal dotto Degen, una specie elegante, che l’amico credette di poter differenziare dall’.¡4. filipendulina, fino allora soltanto conosciuta di patria asiatica. In prossimità è rappresentata da magri cespugli la Quercus Grisebachii. La Centaurea deusta frequente; rara la Digitalis laevigata. Passammo per la cima del m. Sascitsa non senza volgere un saluto al solitario e classico Pyrus amygdalijormis che doveva essere presto abbattuto da un uragano e scendemmo quindi a Canina. Per la strada sotto il castello, ove riconobbi i giovani virgulti della Plumbago europaea, rientravamo di notte in Val-lona colla speranza di trovare qualche novità. Amara delusione! L’autorità locale aveva non solo protestato presso il Rappresentante italiano per l’arbitrio che io mi era preso di andare in escursione senza il consenso di essa, ma aveva aggiunto che, ripetendosi un caso simile, il Governo sarebbe stato obbligato a più dure misure a mio riguardo, ciò che peggiorava una situazione già per sè stessa difficilissima. Se non altro, per i Turchi, io ero già diventato qualche cosa d’importante! * * * Si può facilmente capire lo stato dell’animo mio in quei tristissimi giorni che mi si andavano preparando e pei quali il primitivo piano di viaggio stabilito nei monti di Conitsa doveva di necessità essere rimandato ad un altro anno. Ad onor del vero debbo anche una volta i più grandi elogi ai regi Agenti italiani di Vallona e di Gianina che con zelo ammirabile e pari affetto sostennero allora la mia causa presso la r. Ambasciata di Costantinopoli, vivamente interessata anche dallo stesso Ministero della Pubblica Istruzione. Nondimeno io doveva ben essere un soggetto pericoloso agli occhi dei Turchi, perchè questo loro lungo e odioso temporeggiamento non ebbe termine che la sera del 15 luglio, undici giorni dopo la gita di Radima! In questo forzato riposo il mio lavoro fu nullo, essendomi stato soltanto permesso di poter arrivare fino allo scalo, al cocuzzolo di Cubi ed alla Ciafa Cociut. Il mio libro di memorie ricorda che il dopo pranzo del 5 luglio mi recai 9