— 85 - « TERRE VERGINI » Di tutte le produzioni turgheneviane di questo tempo quetUa che maggiormente scosse l’intorpidita sensibilità del pubblico fu il suo nuovo ed ultimo romanzo: Terre vergini (Nov). Imperniato anche questo sul vecchio e scabroso tema di Padri e figli, poneva ancora una volta in luce attraverso una semplicissima trama, la sfiducia dell’autore, malgrado la sua simpatia per la loro causa, verso i rappresentanti della nuova generazione, incapaci, per difetto di energia, di preparazione e di educazione politica e sociale, di tradurre in atto i grandiosi program-mi di rinnovamento civile, ai quali tendevano e sui quali costruivano in teoria l’avvenire della Patria e della società. Anche qui il protagonista è un giovane studente rivoluzionario. Egli parla ai contadini, vorrebbe elevarli, vorrebbe spingerli alla rivolta, ma quelli non lo comprendono ed egli non li comprende. E, come Bazàrov, finisce anch’egli miseramente, dopo un pallido amore, vinto dallo sconforto. Terre vergini, come osserva il Mazon (1), è forse il più debole dei romanzi di Turghènjev. L’autore vi appare visibilmente ossessionato dalla preoccupazione di scrivere un’opera che abbia una portata sociale; il suo senso della realtà, di solito così sicuro e così fine, ne è rimasto come diminuito. Egli non ha perduto le sue virtù (1) A. Mazon: L’élaboration d’un roman de Turgenev: Terres vierges (in: Revue des Études Slaves, vol. V, 1925),