— 38 — za die ricevette dalla popolazione, malgrado una certa persistente, invincibile diffidenza delle sfere ufficiali, fu addirittura di delirante entusiasmo. Turghènjev ne rimase profondamente commosso. La riconciliazione non poteva essere più completa: rancori, invettive, ingiurie, accuse, tutto era ormai cancellato per sempre dalla sua memoria. Egli aveva un animo buono e in realtà tutte le sue tendenze e simpatie occidentali non gli avevano mai impedito di amare sinceramente, profondamente il popolo russo. L’accoglienza di Mosca si rinnovò l’anno seguente a Pietroburgo. Turghènjev aveva già sessantatrè anni e un male insidioso, tormentoso, inesorabile minava da qualche tempo il suo corpo e il suo spirito, dandogli ogni giorno presagi sempre men vaghi della morte vicina. Ma la sua attività letteraria non s’interruppe un momento. Nello scrivere trovava l’infermo ogni conforto; scrivere era ormai per lui l’unico fine, l’unico senso d’un’esi-stenza penosa e condannata senza speranza. Nel suo ultimo anno di vita il male che lo rodeva compì progressi giganteschi. Atroci, insopportabili dolori straziavano il povero malato e l’inchiodavano senza pietà per ore ed ore, immobile, sul letto, fra spasimi inenarrabili. Il 3 (15) settembre 1883, assistito dalla sua buona amica Yiardot e da pochi amici presenti, si spense a Bougival, in Francia, dov’erasi recato un mese prima con l’intendimento di tornare a Parigi. Da due giorni, sotto la tenaglia dilaniarne del male, aveva anche perduto la ragione. Mentre sentiva la morte avvicinarsi implacabile, il suo