— 102 — dei figli che verso quelli dei padri. Cioè verso ideali sostanzialmente rivoluzionari. Dunque fu anch’egli, almeno fino a un certo punto, in teoria, un rivoluzionario. Ma gli mancò la fede negli apostoli della rivoluzione, non credette mai alla rivoluzione, probabilmente non avrebbe mai voluto la rivoluzione. Ma fino a che punto e in che senso fu Turghènjev un rivoluzionario, eia pure teorico? e fu proprio rivoluzionario o non fu piuttosto semplicemente partigiano di riforme civili e sociali senza scosse violente, senza spargimenti di sangue, per via di « evoluzione » anziché di « rivoluzione»? si può mai ritenere conciliabile la mitezza del suo animo, del suo temperamento pacifico e sereno con la violenza sanguinaria e distruttiva, che accompagna ogni sconvolgimento brutale a mano armata? se Turghènjev fu realmente un nichilista come il suo Bazàrov, in che senso dev’essere inteso il suo nichilismo? La risposta non mi par dubbia. Turghènjev non fu un rivoluzionario nel senso comune della parola. Il suo atteggiamento verso l’ordinamento sociale della Russia fu certamente atteggiamento ostile e negativo. Fin dall’adolescenza, fin dall’infanzia, sentì e comprese l’iniquità di certe forme di vita vigenti in Russia e non esitò a condannarle. Ma la condanna, espressa essenzialmente attraverso l’opera letteraria, significò soltanto esortazione a riforme civili. E ima delle riforme civili di maggior significato e di più gigantesca portata, l’emancipazione dei servi della gleba, se pur tutto un lento e progressivo processo di maturazione degli spiriti era venuto