— 147 - Fra le sue novelle e fra i suoi romanzi, se pur si notano anche deficienze e difetti, non s’incontra in sostanza un solo tentativo che possa chiamarsi fallito. Non che tutti siano capolavori, ma anche fra quei suoi scritti narrativi che possono apparire come i meno riusciti, a nessuno manca mai quel minimo di pregi di contenuto e di forma che caratterizzano l’opera d’arte. In più d’uno, invece, sono visibili e indiscutibili i segni del capolavoro. Sopra tutto nelle novelle e nei racconti di minor mole (Memorie d’un Cacciatore, Mu-mù, etc.). L’arte di Turghènjev — s’è già rilevato —< è, come quella della maggior parte degli scrittori russi del suo tempo, arte essenzialmente, profondamente realistica. Nell’arte realistica egli si solleva veramente ad altezze ben di rado raggiunte da altri. Nulla sfugge al suo sguardo di lince, che sa penetrare anche i più reconditi e occulti ripostigli dell’animo. E nulla è così microscopico, così invisibile, così insignificante da sottrarsi alla ritrattazione plastica della sua arte analitica (1). Ode i minimi susurri della natura, afferra i più minuti dettagli della vita, percepisce ogni sfumatura del pensiero e dell’anima, risente i più intimi palpiti del cuore, riverbera (1) « Egli eccelle nei piccoli dettagli — scriveva di lui. P. Mérimée — si ferma a tutti gli accessori. Se si tratta d’una capanna, ne conta le panche e non fa grazia del minimo utensile. Descrive gli abiti dei suoi personaggi e non ne dimenticherà un solo bottone ; il loro segnalamento è così preciso, così minuzioso che, dopo averlo letto, due pittori, senza concentrarsi, potrebbero, io credo, farne dei quadri che si rassomiglierebbero... » (Revue des Deux mondes, 1854, 7, pag. 192).