— 106 — pure questa lettera ci autorizza pur troppo, a considerare Turghènjev come un rivoluzionario. Egli fu uno scrittore d’ingegno, non un carattere. E se egli ebbe mai delle convinzioni, non ebbe mai il coraggio di lasciar trapelare quelle che espongono alle grandi rappresaglie e alle piccole noie. Il suo arresto del 1852 era sempre presente al suo spirito ed egli ben conosceva il proverbio russo : chi è scottato dal latte caldo soffia sul freddo. « Grande signore, non avendo mai conosciuto i veri disagi della vita, l’esistenza dura e poco tranquilla del rivoluzionario russo non gli sorrideva punto. La sua squisita natura di poeta non era fatta per la lotta politica, sovente arida ed aspra. » Gli scrittori russi sono stati, del resto, quasi tutti, salvo poche eccezioni, più o meno teoricamente rivoluzionari, rivoluzionaria è in fondo gran parte della letteratura russa nella profonda e spietata analisi delle tante piaghe che travagliano la nazione e le sue varie classi sociali. Ma ben pochi congiunsero con la critica, esplicita o più spesso implicita nella loro opera, la partecipazione fattiva a organizzazioni o azioni rivoluzionarie. Nella maggior parte dei casi si tratta precisamente, come in Turghènjev, di visione d’una triste e biasimevole realtà da parte di menti ed animi superiori e di aspirazioni a riforme sociali atte a estirpare o per lo meno a mitigare e ridurre i mali comuni. Ma fra simili tendenze generiche, umane, sia pure rivoluzionarie nello spirito e nel contenuto, verso ideali alti e nobili, e la rivoluzione violenta e demolitrice; peggio ancora : il « nichilismo », quale fu inteso più tardi,