Evo moderno 203 Per consolidare tutti questi possedimenti all’interno, l’imperatore Carlo VI, che temeva di non avere eredi maschi, procurò di far valere una nuova legge ereditaria, la cosidetta sanzione prammatica, allo scopo di mantenere l’unità della monarchia e di assicurarla alla sua famiglia. La sanzione prammatica stabiliva che i paesi ereditari austriaci non dovessero essere mai divisi e che all’estinzione del ramo maschile degli Asburghesi avesse diritto alla successione il ramo femminile. La prammatica sanzione fu pubblicata nel 1713 e negli anni successivi fu accettata da tutti gli StaLi provinciali dei paesi austriaci. L’mperatore si adoperò allora perchè fosse riconosciuta generalmente in Europa e a. tale scopo fece grandissimi sacrifizi. Però, invece di seguire il consiglio del vecchio ed esperto principe Eugenio di Savoia, che gli diceva di colmare il tesoro e di aumentare l’esercito, preferì di battere la via delle trattative. S’impigliò per questo in nuove guerre, ma da ultimo, malgrado alcuni sacrifizi, ottenne il suo intento. Per effetto appunto di questa legge di famiglia quando nel 1740 Carlo VI morì, gli succedette sua figlia Maria Teresa, maritata con Francesco di Lorena, dal che la casa prese d’allora in poi il nome d’Asburgo-Lorena. Un impero fresco ed eterogeneo, tenuto insieme solo dalla persona del sovrano, caduto in mano d’ima donna, nemmeno preparata ad un compito così arduo, doveva necessariamente andar soggetto a scosse. Ai nemici individuali interni ed esterni, si aggiunsero le nuove idee di progresso, propagate dalla Frància e che già picchiavano impazienti ai confini dell’Austria. L’Austria, come tale, si sa che non ha esercitato mai —- e non avrebbe nemmeno potuto farlo — un’influenza direttiva sulle correnti intellettuali d’Europa. Le sue condizioni poi erano tali che i primi a comprendere il valore delle nuove teorie e ad attuarle nel proprio interesse dovevano essere i circoli del governo. In tale opera di modernizzazione primeggiarono Maria Teresa e suo figlio Giuseppe II, ai quali storici cortigiani attribuiscono troppo merito nell’opera riformatrice. Essi fecero, è ve-