La rivoluzione di luglio del 1830 241 Restavano due sole alti'e istituzioni nazionali, il papato nella media e la Sardegna nell’alta Italia. Il papato per la sua storia e per la sua costituzione non poteva ispirare fiducia. In Sardegna era morto nel 1831 il reazionario Carlo Felice. Essendosi estinta con lui la linea diretta della famiglia gli successe, secondo le decisioni del congresso di Vienna, Carlo Alberto, principe di Savoia-Carignano, che sebbene avesse piegato all’assolutismo, cercò di introdurre utili riforme nella giustizia, nell’istruzione, nei commerci e sopratutto nell’aumento ed eiììcenza dell’esercito. Ora la Sardegna meglio amministrata, libera anche dalle pastoie religiose, collocata in alto nella Padania e spalleggiata dalla Francia, donde venivano tutte le speranze di liberalismo, governata da un principe in fama di tacito liberale, attirava gli sguardi ed i cuori di molti patri otti. L’idea unitaria italiana si propagò dal settentrione verso il mezzogiorno. Giunta agli Apennini fece gorgo nelle Romagne e da lì proseguì in due fiotti: uno maggiore penetrò oltre i monti in Toscana e s’insinuò negli Stati del Papa; l’altro minore corse giù lungo la costa occidentale adriatica. Fino al 1830 la direzione del movimento nazionale era tenuta dai Carbonari, uomini di alta intelligenza e di gran cuore, diramatisi un po’ dappertutto a spargere il lievito delle nuove idee e tra i quali primeggiò, a proposito dell’Adriatico, quel patriotta insigne che fu Terenzio Mamiani della Rovere, nativo di Pesaro. Ma dopo il 1830 la popolarità e il prestigio del carbonarismo incominciò a declinare. La loro azione era troppo teoretica e avvolta nel mistero. Appunto verso il 1830 si fece rimarcare tra la gioventù genovese un giurista, Mazzini. Nato cospiratore, egli si mise subito a capo di coloro che volevano l’azione rivoluzionaria immediata. Fu Mazzini che, proscritto, concepì il progetto di trasportare in terra straniera la direzione del movimento nazionale. Per effetto della sua propaganda avvennero fra il 1830