396 l’adriatico nella Politica ropa, l’Asia minore, l’Africa settentrionale. Nell’ammirare il benessere economico della Padania si dimenticava di vedere che oggi al di là delle Alpi fiorisca la civiltà e di ricordare che quando nei tempi antichi i Balcani, l’Asia minore e l’Africa rappresentavano la luce del mondo e l’Europa di mezzo era immersa nelle tenebre, il mezzogiorno d’Italia superava il suo settentrione. — Fortunatamente il nefasto regime turco è scomparso da tutta la lunga costa settentrionale delF Africa, dai Balcani, e sparirà sperabilmente presto anche dall’Asia minore. I segni di rigenerazione del mezzogiorno d’Italia sono già spuntati numerosi ; e noi ne citeremo per l’Adriatico uno solo, il più eloquente, lo sviluppo del porto di Bari. E bastato che l’unità italiana e il risveglio economico dell’Adriatico offrissero qualche condizione favorevole di sviluppo, perchè il popolo pugliese uscisse dal letargo secolare e prendesse nella vita della nazione il posto che la sua intelligenza e la sua operosità gli assegnano. E se i Balcani si apriranno presto all’operosità e alla coltura occidentale, Bari sarà capace di un ulteriore sviluppo meglio di qualunque altra città adriatica della sponda occidentale e forse anche dell’orientale. Anche a Brindisi il commercio si sollevò subito dopo il taglio di Suez. Un altro sintomo favorevole per l’Adriatico è che il Mediterraneo dopo cinque secoli va ridiventando un centro notevole — se anche non più l’unico come nell’antichità — di civiltà e di commerci. La gravitazione politica internazionale va nuovamente avvicinandosi al Mediterraneo, che è il mare d’unione fra tre continenti. Il canale di Suez, sognato, si dice, dai Veneziani nel secolo XV, aperto dal 1869, lotta da quasi mezzo secolo per riavere dalle colonne d’Èrcole quel transito commerciale che l’America gli aveva strappato. L’asse dell’Europa, che nell’evo medio e nei primi secoli del cosidetto evo moderno peregrinò tra Parigi, Madrid, Londra, Vienna, Berlino, sta per ritornare al suo posto naturale, a Roma. L’Italia non è assurta ancora al grado di potenza regolatrice del vasto mondo.