286 l’adriatico nella storia un limite platonico fino alla congiura del triestino Guglielmo Oberdank contro l’imperatore Francesco Giuseppe I (1882). Anche nella quistione d’Oriente l’Italia mostrò l’intenzione di occupare l’Albania. Sembrava da tutto ciò che l’Italia avrebbe intrapreso una politica attiva anche nell’Adriatico, come l’aveva j*ià inaugurata nel Mediterraneo coll’aver posto gli occhi su Tunisi, che per la sua posizione e per la numerosa immigrazione d’italiani era venuta a cadere nella sfera d’interessi dell’Italia. Invece un altro fatto inatteso venne a ripiombare gli animi degl’italiani nella costernazione. L’interessamento del governo di Roma per le regioni dell’antica Cartagine mosse la Francia a fare un colpo ardito, ad occupare cioè la Tunisia (1881) con un futile pretesto e tanto rapidamente che il governo italiano non avrebbe potuto impedirlo altrimenti che con una guefrra. Sotto l’impressione di questo fatto che oltre ad umiliare l’amor proprio del giovine regno, sventava la sua naturale e necessaria espansione demografica e minacciava il suo progresso con un pericolo prima non osservato dall’occidente, avvenne nella politica italiana un mutamento radicale e sorprendente anche nella direzione d’oriente ; si dimenticò il secolare, storico e ancora vivissimo odio per l’Austria e l’Italia aderì nel 1883 all’alleanza austrogermanica, dando così origine a quel trattato della triplice, che aveva di mira — e difatti corrispose finora allo scopo — di assicurare il godimento della pace ai tre Stati contraenti in prima e all’Europa in seconda linea. Però con esso fu posto un suggello d’immutabilità all’aspetto politico dell’Adriatico. Gl’Italiani, che avevano regolato intanto l’amministrazione interna e riordinato le finanze, erano ora impazienti di rifarsi degli scacchi subiti nell’Adriatico (1878) e nel Mediterraneo (1882). Vedendo che tutti gli altri popoli avevano inaugurato con successo una politica estera coloniale furono presi dalla smania di fare altrettanto. Essi si lasciarono così indurre a quell’impresa nel Mar Rosso e in Abissinia (1885) che, lungi dal portar rose, fu per decenni un ginepraio, da cui non colsero che ama-