CAPITOLO IX. 219 propria grandezza, nella lusinga di togliere con ciò un inciampo al compimento dei popolari desiderii. Del quale magnanimo sacrificio ci diede più d’un esempio anche l’illustre casa di Savoia. Troppo dolce sarebbe stato per Foscari il passare il rimanente de’suoi giorni nella invidiabile tranquillità della vita privata, e il destino inesorabile aveva prestabilito invece di condensare, ahi ! troppo tristi vicende; sicché il Senato rifìutossi allora di ricevere la dimissione, e il povero Foscari dovette piegare il capo alla forza suprema del fato che gli sovrastava. — Ma non lasciamoci perora trasportare dalla foga del sentimento, e rassegniamoci a seguir, passo passo, la corrente dei fatti. Aveva, di quei giorni, chiesto ospitalità alla república Cosimo de’Medici, esule da Firenze per il sopravvento quivi ottenuto dalla rivale famiglia degli Strozzi. Venezia accolse quel principe con ¡splendida cortesia; e quando, a suo tempo, Cosimo fu richiamalo in patria, ed i capi della fazione contraria, lusingati dall’accoglienza che videro a lui falla, cercarono uno scampo nelle venele lagune, la república non rispettò più i diritti dell’ospitalità, e spietatamente diede i profughi in mano al loro potente nemico. Di questi tempi i Genovesi, con meravigliosa prova di valore, massacrarono il capo del loro governo, scacciarono la guarnigione milanese, ed inalberarono il sacro vessillo di libertà. E Venezia, che si preparava a combattere contro Bologna in favore del papa, il quale aveva cacciali in prigione lutti i Bolognesi allora trovantisi sul suo territorio, mettendone anche i beni a confisca, Venezia dichiarò che avrebbe cooperalo agli sforzi fatti dai Genovesi per la loro indipendenza. Singolari contraddizioni,