CAPITOLO XIII. 495 • Il 17 luglio, Welden, generale austriaco, scrisse da Mestre al governo veneto per annunciargli che l’armata di Carlo Alberto era stata completamente distrutta, ed invitarlo, quindi, per l'ultima volta, ad entrare in onorevoli trattative di arresa. Ma quel governo nobilmente rispose di non essere competente a discutere solo una causa che aveva comune con tutti i popoli d’Italia; la quale, fòsse pure ridulta anche alla sola Venezia, vo-levasi provargli come fosse molto lontana dall’essere perduta. Il 4 agosto il re capitolava in Milano; ed il 7 i com-missarii del re, in forza della fusione, pigliavan possesso di Venezia!! Era ben crudele ed intempestiva quella farsa ! AH’indimani il generai Welden mandò ordine formale a Venezia di arrendersi, a termini dell’armistizio Salasco. Come, pur troppo,- la notizia dell’infame mercato fu certa, i commissarii regii onestamente dichiararono che non si sarebbero prestati mai a partecipare ad un atto, qual era la consegna di Venezia, cui ripugnavano i loro sentimenti e la loro coscienza. Se non avessero parlato così, sarebbero stati dal popolo trucidati come i più infami dei traditori. E l’assemblea decretò che, essendo quella città il vero propugnacolo della libertà italiana, il luogo d’onde mosse il primo esempio del viver libero, della grandezza cittadina, Venezia poteva e voleva resistere, deliberata di rinnovare i grandi esempi dei Dandolo, dei Mauroceni, dei Pisani, degli Zeno e di cent’ altri eroi, i cui nomi giganteggiano nella sua istoria. In sì grave frangente, l’acclamazione popolare volle che venisse nuovamente affidata al grande cittadino