CAPITOLO VI. 137 La morte di quest’eroe fu compianta come una publica sventura. H di lui cadavere, trasportato a Venezia, ebbe gli onori di solenni esequie fattegli alla presenza dei senatori e di una folla immensa di popolo che singhiozzava, qual si farebbe per un padre. Nella chiesa di Sant’ Antonio gli fu eretto un monumento sepolcrale, con epigrafe che ricorda le più gloriose sue gesta (1). La nave che aveva portato a Venezia le spoglie del Pisani, riparli ben presto col di lui successore Carlo Zeno. Accampatosi questi dinanzi a Zara, adoperò ogni mezzo per provocare il nemico a battaglia. Ma egli sentiva troppo bene la superiorità della sua posizione, per la quale sapeva di poter reggere anche ad un lungo assedio, e non si mosse punto. La flotta veneziana, al contrario, mal provvista per la generale carezza dei viveri, e mal in arnese per la fretta con cui aveva dovuto ripartire, sentiva il bisogno di un pronto combattimento. Aggiungi, a rendere ancor più difficile una tal posizione, le continue bufere dalle quali parecchie galee venivano sommerse. Lo Zeno comprese il mal partilo a cui era ridotto, ed invocò dal Senato la facoltà di poter fare pronto ritorno a Venezia. Ma 'il geloso Senato, invece di accondiscendere a così giuste rimostranze, inlimogli di recarsi tosto a porre l’assedio a Marano. E lo Zeno dovette obbedire. E destino dei governi dispotici quello di ascoltar sempre (1) Inclytus hic Victor, Pisanae stirpis altimnus, Funurum hustilem, Venelùm caput, aequore ctassem Tyrrheno stravit, patriam quae claudit ; at illc Egreditur clausam rcscrans ; ubi Brondulus altis Strugibtu imignis deducit in aequora Brinimi. Mors, eliu! magna velat, fune quum mare clifssibus implel. St. del Cons. i>ei Dieci — Voi. I. 18