42(5 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI E non meno lieve sconfitta toccò ai partigiani di Frauda nelle vicinanze dì Salò, i cui abitanti a gara corsero alle armi per attestare la loro fede verso Venezia, la quale, a sentire certuni, avrebbe dovuto approfittare di quella buona occasione per far lega con l’Austria e subito dichiarare guerra alla Francia: perchè, dicono, in tal modo essa avrebbe potuto preservare il suo antico dominio. Questo, per altro, non è l’avviso nostro: mentre, da l’una parte, noi stimiamo che la veneta república fosse già ridutta a tale stalo da non potersi oramai nutrire ragionevole speranza di ulteriore salvezza; e dall’altra ci pare che niuna lega coll’Austria abbia mai portalo nessun bene all’Italia. Ma, non solo alle violenti sommosse ricorrevano i parti tanti di Francia, ed i più accanili nemici della venela república. Poiché, fin lanlo che si fossero limilali a ciò, restava sempre a quel governo il diritto di attribuire quelle italiane sventure ad una forza supcriore, e, quindi, di protestare che, quando la forza, o presto o lardi, o in un modo o nell’altro, fosse riescila a trovarsi dalla parte sua, avrebbe sempre potuto far valere le sue ragioni, e pretendere la restituzione delle provincie perdute. Onde, per metterlo risolutamente dalla parte del torlo, ricorsero alle insidie; ed attribuirono ad uno dei più cospicui magistrati veneti un allo falso, dal quale il governo di S. Marco sarebbe apparso reo di indegne provocazioni contro i Francesi; mentre con esso il pro-vedilore straordinario della república in terra ferma, Francesco Battaglia, avrebbe concitalo i popoli ad assalire i Francesi e ad assassinarli. Quel manifesto era concepito nientemeno che in questi termini: