CAPITOLO III. G7 capitanata da Giova» Vittori, od appostata lungo le coste della Dalmazia. Ma tulle queste forze eran ben poca cosa, rispetto all’immenso apparalo navale dei Turchi; e il re di Francia fu sollecito di approfittare di questa circostanza per eccitare Venezia a far lega con lui. E, per riescirvi, fece tante promesse, che era iroppo facile lo scorgere, come non fosse poi in grado di mantenerle. Quindi il senato persistette, con buona grazia, a far valere la sua neutralità. La quale non piacendo punto nemmanco al Sultano, venne ben presto turbata. La flotta veneta, divisa come or dianzi abbiamo accennato, ebbe parecchi scontri con quella dei Turchi; ne nacquero gravissimi inconvenienti, e quindi non lievi pretesti alla guerra. Solimano fieramente pretendeva una solenne soddisfazione; ed il senato veneto si vide costretto a far mettere in ceppi i capitani, contro cui maggiormente se la pigliavano i Turchi. E, ciò non bastando, bisognò prepararsi alla guerra, e quindi mettersi d’accordo colla flotta imperiale. E fu ben deplorabile che in quell’occasione Doria, invece di adoperarsi con tutto il fervore per il buon esito dell’impresa, siasi ritirato a Napoli, e poi a Genova, nò valessero a rimoverlo dalla sua inesplicabile inerzia, nè le più sollecite istanze de’suoi colleglli, nò una lettera pressantissima scrittagli dal papa. Onde i Veneziani avrebber corso un gran brullo rischio se, per fortuna, non si fosse deciso l’islcsso Sultano di toglier F assedio da Corfù pei gravi dispareri de’ suoi generali. In tali circostanze pareva ben naturale che la veneta república di buon grado accondiscendesse a far paco