460 STORIA DEL CONSIGLIO DF.I DIECI tendere ¡illa publica quiete in Venezia, ch’egli non poteva ormai più rispondere di nulla se non si mettevano nuove forze a sua disposizione, il Gran Consiglio dandosi per ¡spacciato, disarmò la flotta, licenziò gli Schia-voni, e pensò al modo di rinunciare spontaneamente al potere. Siamo al 12 maggio, giorno «destinalo da chi regge queste umane cose, alla distruzione della veneziana república », come dice il Botta. Il Gran Consiglio era adunalo, sotlo la custodia di pochi arsenalotti. Tetra era la fisonomía della città; ed il popolo, non ben sapendo che significassero quei tristi presagi, lacilo s’affollava intorno al palazzo. Quivi il doge, pallido.e tremante, discorreva del supremo pericolo in cui verteva la patria ; diceva inutile oramai ogni resistenza ai voleri di Bonaparle; onde proponeva di fare di necessità virtù, ed instituiré un governo rappresentativo. Mentre già di gran mala voglia si discuteva in proposilo, s’odono dal di fuori alcuni spari di fucile. Vogliono alcuni che fossero gli Schia-voni, i quali scaricavano le armi, prima di restituirle ed imbarcarsi; ma altri pretendono che fossero uomini del popolo col proposito di gettare Io spavento nell’assemblea. Fatlo sta che i senatori si spaventarono davvero, onde surse nell’adunanza un grave scompiglio. Già s’aspettavano di veder entrare, da un momento all’altro, i congiurati per ammazzare il doge e tutto il ceto patrizio, com’era corsa la voce. Sicché, da ogni parte si gridava di far presto, e di venire ai voli. Squittinisi, squittinisi, come suona .iu veneziano. Con cinquecento dodici voli favorevoli, venti contrarii, e cinque non sinceri, decretoss-i, adunque, che, per pre-