156 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI Anzi, per non perder tempo e mettersi al sicuro del fatto suo contro la donnesca volubilità della reggente, pensò tosto a far occupare in proprio nome le città di Belluno e di Feltre, ed altrettanto coll’astuzia riesci poi a fare di Vicenza, malgrado che dessa fosse già occupata dal Carrara. Per tanto il Carrara non potè più starsi cheto; fece tagliare il naso e le orecchie al messo che gli portò la notizia della presa di Vicenza, dicendogli col più feroce sarcasmo: Così t’ho fatto un San Marco; e ruppe guerra alla república (1). Questa da parte sua arruolò un esercito di ben trentamila soldati mercenarii, dei quali era duce Carlo Mala-testa, ed il nostro Zeno provveditore. Quest’uomo, come al solito, fece prodigi di valore. Vinse ogni sorta di difficoltà, ed arrivò persino a passare un’intera notte del settembre entro l’acqua paltumosa di uno stagno, fisso di voler trovare una strada per cui condurre il suo esercito fino alla città assediata. Chi può resistere a tanto eroismo? Il marchese Azzo, d’Este, pel primo, stimò meglio di proporre condizioni di pace, la quale gli fu concessa, a patto che più non si facesse sale a Comacchio; cedesse il Polesine, e si recasse a Venezia a dimandare personalmente perdono al Senato, con giuramento di non porgere mai più alcun soccorso al signore di Padova (an. 1405). Anche il Carrara diede prova di raro coraggio e di sommo valor militare. Ma nulla poteva valere contro una (1) Ira accensus, tibicen intcrfici jussit, abscissis ei prius auribus et nct-ribus, dicendo, cfficiamus, ex tibie ine. Iconem Saneti Marci.—Così nella Cronaca: di Giovanni Bembo.