238 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI per un braccio, l’alzò e gli disse: — Fatti buon animo e spera. Ben mi meraviglio che un uomo di quella prudenza e gravità che tu stimi di essere, abbia potuto sparlare con tanta viltà di persone che certo non meritano siffatte ingiurie. In quanto al bastardo, davvero non ne so nulla, nè conosco in quali rapporti si fossero, prima ch’io nascessi lo Sforza, mio padre, con madonna Lucia, mia madre, perchè allora non c’ era ; sicché non credo di dover riportare io lode o biasimo di quel che essi si facessero. Ma in quanto al vile, ben so d’essermi sempre portato in modo che niuno mi possa riprendere, e tu e il tuo Senato ne potete fare una vera e fresca testimonianza. Vanne dunque in pace, ed impara da qui innanzi a parlar più modesto degli altri, e andar più cauto nelle imprese tue (1). — Dopo questa vittoria il conte passò sul Bresciano, ed occupò tutto quel territorio, ponendo gli accampamenti a due miglia dalla città. I Veneziani, che a questo s’aspettavano pur troppo, s’erano provveduti di quella guardia che meglio e più presto avevan potuto trovare. Quindi dimandarono soccorsi ai Fiorentini, dai quali ebbero 1,000 fanti e 2,000 cavalli. Con tali forze ebbero agio di pensare agli accordi. Offersero dapprima la pace al conte, promettendogli sussidii onde più agevole gli riescisse la conquista dei Milanesi, persuasi che come questi si vedessero ingannati dallo Sforza, sdegnosi preferirebbero sottoporsi a qualunque altro prima che a lui; costretti quindi, non sapendo a chi rivolgersi, a cadere loro in grembo (2). (1) Machiavelli. (2) Idem.