collo proprio armi a vincere le fosche procelle che a suo danno andavano condensando l’Italia e l’Europa. Se non che, quelli slessi eventi che valsero a promuovere la prosperità delle altre nazioni, furono causa di lenta , ma inevitabile caduta alla regina dei mari, la quale per più secoli ebbe ancor forza di sostenersi sinché la ferrea mano del conquistatore le strappò di dosso il lacero manto, <3 j senza far prova, di guerra, la diede ancella a straniero dominatore. — Non è quindi meraviglia se i frequenti abitatori e gli ospiti illustri di quella città, che pur sempre vi sono e vi saranno attratti dalla benignità del clima e dalla bizzarra e portentosa sua costruzione, per tanti anni, a stento avrebber saputo riconoscere in quegli abitanti i nepoli di Enrico Dandolo e di Anton Loredano, il prode difensore di Scutari. Una mano di ferro, sottoscrivendo ad un perfido trattato, condannò il libero Leon di San Marco alle catene straniere. Questa fu prepotenza del fato; ma il, peggio si fu che il formidabile Leone giacque per lungo tempo fra i ceppi senza mandare alcun ruggito, sino a questi ultimi giorni, in cui suonò l’ora dell’italiana risurrezione. Eppure non si possono ad un tratto cambiare le generazioni. Poteva, per suo peggio, il formidabile guerriero far ignominioso traffico dell’antica repubblica: e poteva l’antica repubblica , caduto il commercio, disperse le dovizie, lo spirito pubblico atterrito, soggiacere ai tristi fati fra lo sgomento e la disperazione de’suoi