CAPITOLO XVII. 505 chi ancora si mantiene nel colmo della sua riputazione. Delle quali cose apparirebbero chiarissimamente gli effetti, e si sentirebbe presto lo Stato nostro esser pieno di tumulti e di strepiti di guerra, se il timore che noi ci congiungiamo col re di Francia, non tenesse sospeso Lodovico; timore che non può tenerlo lungamente sospeso. Perchè chi è quello che non conosca che il Re, escluso dalla nostra confederazione, o s’implicherà in imprese di là dai monti, o, vinto dalle arti di Lodovico, dalle corruttele e mezzi potentissimi che ha nella sua corte, farà qualche composizione con lui? Stringeci adunque a unirci col re di Francia la necessità di mantenere l’antica dignità e gloria nostra, ma molto più il pericolo imminente e gravissimo che non si può fuggire con altro modo. E in questo ci si dimostra molto propizia la fortuna, poiché ci fa ricercare da un tanto re, di quel che avremmo a ricercarlo noi offrendoci più oltre, sì grandi e sì onorali premi della vittoria, per i quali può questo Senato proporsi alla giornata grandissime speranze, fabbricare ne’suoi concetti grandissimi disegni, ottenendosi massimamente con tanta facilità; perchè chi dubita che da Lodovico Sforza non potrà essere a due potenze sì grandi e sì vicine fatta alcuna resistenza? Dalla quale deliberazione, s’io non m’inganno, non debbo già rinnoverei il timore che la vicinità del re di Francia, acquistalo che averà il ducalo di Milano, ci diventi pericolosa e formidabile, perchè, chi considera bene, conoscerà che molle cose che ora ci sono contrarie, allora saranno favorevoli: conciossiacosaché un aumento tale di quel Re, insospettirà gli animi di tutta Italia, irriterà il re dei Romani e la nazione Germanica per l’emulazione e per lo sdegno che St. del Cons. dei Dieci —Voi. I. 64