CAPITOLO II. 43 sero a Parigi, in voce di congratulazioni per le nozze ebbero a fare le condoglianze per morte, poiché lo sposo il primo gennaio 1515 se ne era partito per 1’ altro mondo. Più animoso e ardente di gloria il cavalleresco di lui successore, Francesco 1, pensò tosto di allestire un’ armala di circa 55 mila uomini, per varcare le Alpi ed impadronirsi del Milanese, del quale aveva una voglia ineffabile. Ben si unirono contro di lui Massimiliano, il re di Spagna, gli Svizzeri ed il Papa; per cui il generale spagnuolo si volse tosto contro i Veneziani per toglier loro Vicenza; gli Svizzeri si recaron tosto al passo di Susa per contrastarlo ai Francesi, mentre i Milanesi stessi già s’erano mossi verso il Piemonte. Ma, con prodigioso ardire, e con insperata fortuna, il re aveva varcato le Alpi con tutto il suo esercito, e si trovava pronto a battaglia (1). L’armata nemica, invece di prepararsi alle difese, mal provvista e mal pagata, si sbandò in modo deplorabile. Così ebber agio i Francesi di penetrare in Novara, e, passato il Ticino, di metter piede anche in Pavia. Allora bisognava che anche Milano pensasse ad arrendersi, e vi pensò, e spedì anzi una deputazione al re per fargli atto di riverenza e di ossequio. 11 duca di Savoia, a tal vista, pauroso, a buon dritto, per conto proprio fu sollecito di avviare trattative di pace fra il re di Francia e gli Svizzeri. E vi riesci, perchè gli Svizzeri a quel tempo avevan bisogno di danaro, ed a questo provvide il re Francesco. Ma la somma da costui prodigata non potè essere fra tutti (1) Vedi il Quadri, Compendio, ecc., voi. 2, pag. 243.