38 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI come non ci fa meraviglia che il Sancii l’abbia chiamato santissima instituzione, mentre ad esso dedicò la sua istoria. Sarebbe bella che si avesse a dir male anche del proprio mecenate! Bisogna, per altro, non dimenticar questo fatto, che gli stessi cittadini di Venezia erano presi da tanto terrore ogni qualvolta si univa il Consiglio, che si dovette, col tempo, prescrivere dei giorni fissi per le sedute, onde toglier ragione di straordinarii timori. Aggiungi come molti, benché fossero lusingali da ciò che la scella dovevà sempre cadere sui più saggi cittadini (1), per nessun conto volevano entrare in quell’ufficio. Del resto, ad evitarne il più possibilmente gli ubusi, non era lecito il trovarsi in carica più d’uno della medesima famiglia, e ne anche del medesimo cognome; nè potevano i Dieci accettare altro incarico, se non a pluralità di voli dell’ islesso Consiglio (2). Secondo le norme generali della Veneta Coslituzione, il doge, col suo Minore Consiglio, doveva far parte di ogni consesso, e questa è una buona ragione per credere che formasse parte integrante anche del Consiglio dei Dieci. 11 che ci viene, inoltre, confermalo dallo scorgere come realmente, pochi anni dopo, vi entrasse, senza che risulti quando abbia incominciato. Difalti troviamo riferita dal Saudi una legge dell’anno 1512, per la quale la presenza del doge co’suoi consiglieri riesciva indispensabile. Con un decreto, poi, del 1427, venne formalmente (1) Decem sapientes. (2) Così il Sandi; e'd in fatto, in una legge data dal Maggior Consiglio nel 1325 troviamo: Officium de X. est magnimi et svienine, et requirit semper bonas et su/ficientes personas, et aceidit qnod multae mvtationes ex ipsis X. semper fìant in praejxidirìum ipsins officii.