CAPITOLO XVIL 519. con Alessandro VI, che era morto, rivolse tutto il suo risentimento contro Venezia. Fu allora che Firenze, ge-. Iosa della prosperità di altri Stati italiani, mandò in Francia quel grand’uomo di Nicolò Machiavelli coll’in-inearico di eccitare il re a prestare soccorso; e quefc grand’uomo di Nicolò Machiavelli si fece pur troppo, onore in questa sua antitaliana missione (1). Giunto a Milano, egli ebbe una conferenza con Chau» mont, che governava quella città a nome di Francia j e che ebbe l’impudenza di asserire al diplomatico fiorentino che i suoi Francesi avrebber saputo ridurre i Veneziani a non occuparsi più d’altro che di pesca. — Giunto a Lione, il Machiavelli si rivolse al ministro cardinale d’Amboise, e si fe’lecito di dire ogni sorta di vitupero contro i Veneziani per eccitare lo scaltro ministro a soggiungere, saper benissimo il re di non avere in Italia migliori alleati dei Fiorentini e del duca di Ferrara. Così fu agevole lo scorgere che quella corte macchinava sinistri progetti contro la veneta republica. Ancor , più significanti furono le parole stesse del re. Asserì egli d’essere sollecitato dai duchi di Mantova e Ferrara ad'aggredire Venezia, e protestò d'esser pronto a fornir loro uomini ed armi, perchè più completamente fosse castigato il comune nemico; esser pronti i Milanesi a somministrargli 100,000 ducati, e che, con questi ottimi auspicii, avrebbe fatto il possibile per intendersela coll’imperatore, onde insieme mover-guerra ai Ve-, neziani, contro dei quali, l’imperatore stesso aveva forti rancori. — Queste cose le diceva di suo capo il re Luigi, in un momento di effusa confidenza col legato (1) Vedi la lettera da lui diretta alla Signoria, in data del 22 gennaio 1505. ■