g2 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI dino che aveva visto qual strenua difesa gli avesse opposto questi, commosso forse dell’omaggio che rendeva al valor suo anche il nemico, si recò da lui coi colleghi Baglione, Martinengo, Quirini, parecchi altri ufficiali. Dopo molte cortesi e lusinghevoli parole, Muslafà, di repente cambiando linguaggio, richiese che a lui si lasciasse ostaggio il Quirini, per assicurarsi che i Vene ziani non avrebbero mancato ai patti della capitolazione: e poi passando dai delti ai fatti, fece massacrare sull’ istante i tre onorevoli collega del Bragadino. Questi era riserbalo a strazii più lunghi e più atroci. Gli furono, dapprima, tagliate le orecchie, poi ignominiosamente trascinato per le vie della cillà; finalmente condotto sulla pubblica piazza, dove, legato ad un palo, fu scorticato. E Mustafà, più crudele di Nerone, che assisteva plaudente all’ incendio di Roma, gongolava di gioia al disumano spettacolo. E come se ciò non bastasse, fece riempire di paglia la pelle di quel valente uomo, e postone il simulacro sur una vacca, lo fece passeggiare per le vie della ci Ita sotto un baldacchino rosso, distintivo del di lui grado, e quindi appeso all’ antenna della sua galea s’imbarcò verso Costantinopoli. Guai, quando certi nemici fanno patti troppo generosi ! Dopo che tanto s’era perduto, comparve finalmente a Corfù la flotta dei confederati; e, come se non fosse bastevol onta per essi, l’aver tanto tardato, vollero acquistarsi nuovi titoli all’universale riprovazione. Una grave rissa s’accese fra i soldati spagnuoli ed i veneti, dei quali il capitano fu insultato, ed un ufficiale gravemente ferito.