CAPITOLO VI. 145 lega con Galeazzo Visconti, signor di Milano, per disiarsene affatto del perfido Carrara, e scompartirsene tra loro le di lui spoglie. Diffatti, in forza di un trattato conchiuso il 29 marzo 1388, Venezia si riserbava, nel caso non dubbio in cui si fosse vinto il Carrara, la marca Trivigiana, Ceneda, Sant’Eletto e Curano. 11 rimanente sarebbe toccato al Visconti. Il quale, come per dare agli alleali una prova infallibile della mal sicura sua fedeltà, ottenne che Carlo Zeno passasse a servire nel proprio esercito, conferendogli inoltre il governo di Milano. Così quel Carlo Zeno, ricoperto di tanta gloria, che alla morte del Contarmi i Veneziani volevano acclamare per Doge, passava neU’esercito di un principe straniero; veniva posto, quasi si direbbe, al servizio di un allealo molto sospetto, e quel ch’era peggio per quell’anima generosa, messo affatto fuori di combattimento. 11 Carrara non aveva forze bastanti per tener fronte a sì formidabili nemici. Non appena incominciarono in luglio le ostilità, egli abdicò al principato di Padova, in favore del figliuolo Francesco il Novello, e si'rinchiuse in Treviso, risoluto di difendersi entro quel forte sino all’ ultimo sangue. Comandava l’esercito del signor di Milano Giacomo Dal-Verme, forse il più famoso capitano di quei tempi: sicché non durò molla fatica ad impadronirsi di Padova. Se il Carrara fosse stato un buon principe, i Padovani si sarebbero certo levali in massa, facendo prova di coraggio e di valore per tentare di salvarlo. Invece gioivano nel vederlo sconfitto; e non seppero dissimulare il loro tripudio quando il figliuolo di lui fu costretto d’invocar dal generale nemico un salvocondolto per aver sicura almeno la vita.