CAPITOLO IV. 93 cadavere fosse riposto in un’urna collocata nella chiosa di San Giovanni e Paolo, e precisamente nella cappella detta della Pace. Ma, nè il sentimento di pietà verso gli estinti, nè la santità dell’asilo valsero ad assicurare una perpetua pace nemmanco alle ossa del misero principe. Poiché fu morto il Doge, il Consiglio dei Dieci si pose a compiere fieramente l’opera sua. Procedette per primo contro Bertucci Fallerò, non perchè dai processi fosse risultalo complice del tradimento, ma « per quello eh’ egli sapeva del tradimento e del Doge che vi era dentro (1). » Egli fu condannato a finire i suoi giorni in una prigione forte, come dice il citalo autore, ed in caso che riescisse a sfuggire, se gli confiscassero tutti i beni mobili ed immobili, e preso, gli fosse tagliata la testa; e nessuno de’suoi attinenti potesse entrare a far parte del Consiglio dei Dieci (2). Anche Nicolò Zuccuolo non risultò reo; ma non per (1) V. il Sancto. (2) Nel 135511 maggio—Essendo capo dei Dieci ser Marino Veniero, ser Landò Lombardo, e ser Luca da Legge, l’eccelso consiglio prese la seguente deliberazione : Quurn dominila Bertuccius Faletro, qui fuit in culpa per ea quac habita fuerunt contro eum, proditionis ordinatae fieri contro statuiti et honorem dominationis, extiterit sententiatusper Consilium Decem, ad standum perpetuo in carcere forti, et ibi mori debere ; et non sit honestum, nec per consequens honor dominationis, quod aliqui sui at-linentes, qui exirent de Consilio secundum formam Consilii, sint de prae-dicto Consilio de Decem, vadit pars, quod aliqui praedietorum attinentium suorum, donee dictus ser Bertuccius vixerit, possint esse de dicto Consilio Decem. Et si aliquis essct ad praesens, et nunc sit extra dictum Consilium, et si Consilium est contro reum.