220 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI delle quali indarno s’accingerebbe a cercar la cagione chi non fosse inizialo nelle ambagi della diplomazia. Il 22 dicembre 1435 giunse a Venezia un decreto del Concilio allora raccolto in Basilea, il quale intimava alla república di sgombrare dal Friuli, e di ristabilirvi il patriarca d'Aquileia, con tulli i suoi diritti, sotto pena di scomunica e d’interdetto. Nè poteva la república rifiutarsi dal riconoscere l'autorità di quel Concilio, dal momento che aveva concesso ai deputali del suo clero d’inlervenirvi. Seppe però destramente trovare una scappatoia, rispondendo che avrebbe obbedito alle ingiunzioni del Concilio, non appena il generale ristabilimento della pace in Italia gliel’ayesse concesso. Intanto il patriarca morì, e Venezia ottenne dal papa che gli nominasse a successore una sua creatura, e così fu finito ogni guaio. Ad ogni modo, i Veneziani avrebbero sempre avuto buon gioco, poiché avendo dichiarato di voler attendere la pace per fare le debile restrizioni, questa pace doveva aspettarsi un gran pezzo, mentre di nuovo la república apprestò le armi contro il duca di Milano. II supremo comando dell’esercito venne affidalo a Francesco Gonzaga, signore di Manlova. Ma pel duca di Milano pugnava il Piccinino, uomo di fama militare straordinaria, sicché in un momento riesci a respingere i Veneziani fuori della provincia Bergamasca. Allora la república si volse supplichevole ad implorare il sussidio dell’esercito fiorentino, capitanato da Francesco Sforza, allora intento all’assedio di Lucca. Se non che, un poco per volontà propria, ed un po’anche per quella d’altrui, lo Sforza non giunse; e con ciò intorbidossi la buona armonia tra Fiorenza e Venezia, a tutto guadagno per