CAPITOLO II. 55 Gradenigo, il quale si trovava sulla coscienza anche d’aver provocato l’odio di tante persone in modo così atroce che non gli era valso a sventare 1’ uragano che gli pendeva sul capo, nè la promessa fatta a tutti dell’amnistia, nè le trattative di pace che tentò di avviare col Tiepolo, è naturale, diceva, che Gradenigo si studiasse di trovar modo di garantirsi in seguito da altri consimili scherzi (1), e quindi che instituisse una magistratura, la quale avesse l’incarico di tener l’occhio sui malcontenti, circondarli di spie, e render loro impossibile il combinare complotto di sorta, perchè non potessero più prender forza i germi di nuove rivoluzioni. Ma non è detto per questo che si dovesse togliere persino il diritto di movere lamento, non è detto per questo che in uno Stato la sicurezza dei pochi abbia sempre ad essere l’unico scopo dell’ordine sociale, cui debba sacrificarsi la tranquillità, la sicurezza, e la libertà dei cittadini. Non è detto per questo che fosse indispensabile dare per la prima volta all’Europa l’atroce esempio di un tribunale, che venne pur troppo presto imitato anche da altri Stali col nome di alta polizia. Siano pure esagerate, quanto si vuole, le parole del Daru, là dove dice che il Consiglio dei Dieci si armò di tutti i mezzi possibili, si dispensò dall’ osservanza di ogni formalità, si tenne immune da ogni responsabilità, e fu padrone di tutte le teste (2); sì, siano pure esagerate (1) Con tutto ciò vuoisi da taluno che il Gradenigo sia morto di veleno soli due mesi dopo aver scampato, come per miracolo, dalla congiura. Quest’è certo che nel 1311 sedeva già sul trono ducale il di lui successore Marino Giorgi. (2) On l’arma de tous lei moyens, òn Vaffranditi de toutes les formes, de tonte résponsabilité; otilui soumil toiUes les tetes, — Dahu, JUstuire de Venise, lom. i.