/¡O STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI dersi ad una fuga vergognosa, precisamente come avvenne nell’uUima guerra svizzera, ad Airolo. Il qual sinistro successo non dee esser certo imputato all’Alviano, tradito anch’esso nelle sue più care speranze. Ma fatale riesci quel rovescio, mentre Paulo Baglione fu fatto prigioniero, il proveditore Andrea Loredano, massacralo dai nemici: il Grilli a stento si salvò, calandosi dalle mura con una corda (1), e la republica perdette ben 4 mila dei suoi più robusti combattenti. Per giunta d’infortunio, un frale traditore vendette, di questi tempi, la piazza forte di Marano agli Austriaci, i quali, per entrare nelle buone grazie della popolazione, si abbandonarono al loro più felice istinto, e fecero prodezze tali, da degradarne quasi quelle di cui tanto si fecero belli in principio di quest’anno nella Lombardia, e di cui abbiam già fallo altrove onorevole menzione. Ai poveri contadini del Friuli, che di mala voglia piegavano il dorso a così abborrita dominazione, quei prodi, trovandoli inermi, tagliavano le mani ed abbacinavano gli occhi. Ed allora il consiglio dei Dieci pensò bene di lasciare al popolo il gusto di fare le debile vendette, e come il ribaldo frataccio capilo ad esso nelle mani, 1’ abbandonò al furore popolare, il quale non fu pago, che quando vide il traditore steso morto per terra sulla piazza di San Marco a colpi di pietra. Ma siccome, a detta del volgare proverbio, pare che le disgrazie non vadan mai sole, il 15 gennaio 1514, uno spaventevole incendio, sorto in una bottega vicina al ponte di Rialto, consumò ben duemila case, lasciando Venezia in una terribile costernazione. (1) lune, a praegiefiis in murimi sublaius, vix evasit.