CAPITOLO XVII. 507 pericoli futuri e incerti, sì ricca parte e sì opportuna del ducato di Milano, non si potrebbe attribuire ad altro che a pusillanimità e abbiezione d’animo vituperabile negli uomini privati, non che in una república più polente e più gloriosa che, dalla romana in fuora, sia stata giammai in parte alcuna del mondo. Sono rare e fallaci le occasioni sì grandi; ed è prudenza e magnanimità, quando si offeriscono, l’accettarle; e, per contrariò, sommamente riprensibile il perderle. E la troppo curiosa sapienza, e troppo consideralrice del futuro, è spesso vituperabile; poiché le cose del mondo sono sottoposte a tanti e sì varii accidenti, che rare volte succede quel che gli uomini, eziandio savii, si hanno immaginalo aver a essere, e chi lascia il bene presente per timore del pericolo futuro, quando non sia pericolo molto certo e propinquo, si trova spesso con dispiacere e infamia sua avere perduto -occasioni piene di utilità e di gloria per paura di quegli pericoli, che poi divergano vani. Per le quali ragioni il parere mio sarebbe che si accettasse la confederazione contro al duca di Milano, perchè ci arreca sicurtà presente, dignità appresso a lutti i potentati e acquisto tanto grande che altre volle cercheremo e con travagli e spese intollerabili di poterlo ottenere, sì per la importanza sua come perchè sarà l’adilo e la porla d'aumentare maravigliosamente la gloria e l’imperio di questa potentissima república. » S’alzò contro di lui, con più maschio linguaggio, Melchior Trevisani a dire : « E non si può negare, sapientissimi senatori, che le ingiurie fatte da Lodovico Sforza alla nostra república non sieno gravissime, e con grande offesa della nostra dignità. Nondimeno, quanto elle sono