CAPITOLO XVII. usa esser prodiga delle sue grazie e della sua amicizia, per il solo amore del bene, témevasi che la scaltra nutrisse delle voglie poco disinteressale su quei paesi. Per il che, si pensò, a buon conio, di distrarre da colà la cupida sua attenzione, suscitandole contro nuovi impicci in altri paesi. Gran cura avevan posta i Veneziani, come vedemmo, per entrare nelle buone grazie del signor Turco, onde stringere quel traltalo di commercio, di cui più d’una volta si è già fatto parola. Ma non era facile che lungamente durasse la concordia fra due alleati di quello stampo , massime poi, essendoci di mezzo le ragioni dell’interesse. 11 Pontefice, il duca di Milano , ed i Fiorentini, si diedero appunto a soffiare per entro a queste mali intelligenze, onde la scissura si facesse sempre più grave; ed ai Veneziani passasse la voglia di far tanti conti sul centro dell’ Italia. Quando son così disposti gli animi e le cose, un pretesto è subito trovalo per farne causa di guerra; il che appunto successe nel caso nostro. Un vasceljo mercantile dei Turchi, aveva rifiutalo il saluto ad una galea veneziana, e dicesi che le avesse anche tentalo un brutto tiro. Se ne risentirono i Veneti, e Bajazel pronunciò subito la parola di guerra. —S’affrettò la Signoria a mandar scuse c spiegazioni, per cui il Turco pensò bene di dissimulare, per allora, i proprii divisamenti, e, protestando di voler restar in pace con essa, rinnovò persino gli antichi trattati. Ma non c’era a fidarsi, e Venezia non si fidò; che anzi diedesi sollecita a fare i preparativi per la difesa. In fatti, non lardò mollo Bajazet ad assalire Corfù, ad St, del Gons. dei Dieci — Voi. I. 63