210 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI lui spedito, in proposito, al govèrno spagnuolo, di cui abbiam fatto parola più addietro; e giova che noi lo riportiamo per intero, poiché, nel mentre, a prima vista, parrebbe dare gran peso all’assunto del Daru, porge, invece, amplissima materia al Tiepolo di gravi ed importanti confutazioni, delle quali noi pure faremo cenno più innanzi: « Vengo con dispiacere a trattenervi d’un argomento in cui mi trovo involto, benché abbia sempre desiderato di darvi prove della mia affezione. Ho saputo la settimana passata che correvano per la citta delle sorde voci, alle quali non diedi da principio alcuna importanza, sapendo bene che non poteva esservi implicalo nè io, nè il mio padrone, nè alcuno de’suoi ministri, e ben persuaso d’altronde, che i discorsi giuntimi all’orecchio non potevano avere origine che dalla bassa classe della popolazione. Non so cosa sia accaduto; ma, checché sia, penso che Vostra Serenità ne sia istrutta, od almeno mi persuado con ingenuità che potrà esserlo col tempo, e convincersi che tutto ciò non mi può minimamente appartenere. « I discorsi vaghi che si tengono, e si ripetono così leggermente, si riportano acose così indegne, così vergognose, così contrario alla pietà cristiana, che non è possibile che un uomo buono, o savio ne abbia neppure concepito il pensiere. « La bontà del re è così nota, che se avessi potuto concepire e proporre tali disegni, mi sarei attirato una punizione esemplare. Non è neppure possibile d’ imaginare che i ministri di molo proprio avessero voluto eseguirli. Infatti, se può accadere che negli affari ordi-