CAPITOLO PRIMO 7 Aquileja fondarono Grado; quei di Concordia salvaronsi a Caorle; quelli di Opitergio ad Eraclea: quelli di Aitino a Torcello, Mazzorbo, Ammiano, Burano, Coslanziaco e Murano; quelli d’Este e Monselice a Chioggia, -Pelestrina é Capo d’Argine. Come è facile a credersi, in tali emigrazioni il maggior numero dei fuggitivi era quello dei nobili e dei facoltosi, di quelli insomma che più avevano a perdere per la rapacità degli invasori. Eppure asserisce il Sa-bellico, che quei primi abitanti non a lussuria, nè a vani piaceri attendevano, ma in virtù e modestia regnavano. Le ricchezze non mettevano differenza tra uomo ed uomo: per cui ciascuno avrebbe giudicato tal nobile compagnia non essere di esuli cittadini, ma di quelli antichi filosofi che in pace e tranquillità riposavano. Ed anche Cassiodoro di Ravenna conviene nel dire, che in Venezia la povertà era eguale alla ricchezza, e che di un medesimo cibo vivean tutti; per modo che nessuno poteva avere invidia delle altrui comodità. Trevigiani, Vicentini, Veronesi; genti dalla lontana Lombardia, cacciati dai Longobardi, e persino da Roma, s’univano a quei primi abitatori. Liberi e sicuri, pensarono di poi a procurarsi, oltre le cose bisognevoli , anche ciò che rende piacevole la vita. 1 poveri pescatori divennero ben presto arditi navigatori, operosi mercatanti. Venuti a grandezza, noi li veggiamo correre i mari, e recare alla lor nuova patria agi d’ogni maniera. Nè dovea recar meraviglia se Venezia, che ebbe a culla il mare, venne tosi tostamente a grandezza ; mentre abbiam detto come ai prischi abitanti di quelle paludi, pescatori o salinai, si fossero uniti i più ricchi fra