392 STORIA DEL CONSIGLIO DEI DIECI saie, nè cercavano splendori e corteo. Nella vita del nobile e del cittadino veneziano, sempre piena di molo, non mai neghittosa o accidiosa, egli dalla sua donna non richiedeva che rallegramenti domestici, e quelle dolcezze che, care a tulli, sono necessita di chi, nel trambusto degli affari publici, nel tramestio delle permutazioni dei traffici, ivi trova riposo dove è affetto e speranze. E a questo intesero le donne veneziane ; vissute lontane dal mondo, e che se apparivano talvolta nel mondo, era in quelle solenni occasioni, nelle quali lo splendore della bellezza e la ricchezza, crescevano il decoro della patria. Elleno medesime educavano la prole, le donzelle così strettamente erano guardate, che il fidanzalo stesso non le vedeva se non quando le sponsalizie erano statuite. Allora i congiunti si radunavano, e la sposa vestita di bianco, coi capelli sciolti ed intrecciati da filo d’oro, vista dallo sposo per la prima volta, era presentata ai congiunti. Usciva da una stanza entrando nella sala e, dice il Sansovino, gravemente danzando, faceva e riceveva inchini. Poi accompagnala da matrone, scendeva in gondola, e faceva mostra di sè, quasi presentando una madre futura di valorosi cittadini. Severità di costumi, che durò lungamente, ed in ¡specie negli ordini minori, nei quali la mostrò il sommo Goldoni che nessuno ancora superò, quando ritrasse il cuore umano, senza calunniare l’uomo, e dipinse i costumi della sua età. Severità che si allentò col progresso dei tempi, ma che pure durava ancora intera, quando le sozzure delle corti italiane penetrarono in Venezia, quando vi pose stanza quel turpissimo di tutti gli uomini, Pietro Aretino, che fu non ultima causa dei costumi mutati e sfrenati di molti uomini, i quali si allontanarono dalle dol-