CAPITOLO IX. 245 come osserva acutamente ¡1 Cattaneo, che gli Sforza non volevano regnare sugli animi e cogli animi; e il savio cittadino Giorgio Piatto predisse le sventure che poi sopravvennero. Appena avuta notizia della rivoluzione di Milano, l’esercito veneto ripassò l’Adda e ritirossi sul territorio di Bergamo. Allora la Signoria tentò di stringere una nuova lega, di cui fosse principale alleato il re di Napoli, e non mancassero il duca di Savoia, il marchese di Monferrato e la citta di Bologna. I Fiorentini non vollero immischiarsene, e furono trattati da nemici. Per fare i preparativi di questa guerra Venezia costrinse anche il clero a contribuire la metà de’ suoi redditi colla scusa di una nuova crociala. Affidarono il comando dell’esercito a Gentile da Leonessa, buon capitano, benché non uomo di straordinario valore. — Questi adottò il sistema di temporeggiare, e per lo Sforza non se ne poteva dare un peggiore. Per cui, posto alla disperazione, mandò un giorno uno scudiero milanese con un guanto insanguinato, col quale ei voleva indurre l’avversario al combattimento. La guerra fu accettata, e la battaglia si diede nei campi di Montechiaro. Il tutto finì però senz’altra conseguenza fuor di questa, che lo Sforza trovandosi a cassa vuota, dovette ricorrere per un soccorso ai Fiorentini. Ma ben tosto, rimaso ucciso sul campo il Lionessa, ebbe a successore Giacomo Piccinino; e fu allora che, avendo i Fiorentini e lo Sforza promesso ai Francesi di aiutarli a scacciare Alfonso d’Aragona dall’Italia, questi passarono le Alpi, costrinsero il duca di Savoia ed il marchese di Monferrato a restar neutri, e vennero ad unirsi al duca Sforza.