CAPITOLO XV. 455 pene che sono già disposte et che paressero alli successori nostri de addossarli, li sia per sempre negato il possesso temporale, se la prelatura sarà nel ¡¿tato, et sia comandata la custodia' delle intrate per il prossimo suc-cessor legítimamente eletto. Quando sopra tal denegatane de. possessi, o lui, o altri per lui, facesse qualche rechiamo alla corte di Roma, sia fatto amazzar secretamente et sollecitamente. 10 Se alcuno di questi nobili nostri, col mezzo del-l’ambassador, aspirasse a conseguir alcun beneficio, o prelatura ecclesiastica, quando siano congionli nel grado di parentela di sopra espresso, con l’ambassador inede-desimo, debbano aspettar che prima lui dia fine alla carica, et, ritornato in Venelia, producano supplica al magistrato nostro, .et all’hora possa esser data o negala licenza, secondo porterà la consideratione del pubblico servitio. 11 Siccome per legge antica resla slabilido che li nobili nostri debbano darsi in noia aH’ollicio dell’avogaria, et ivi debbano probar la loro nobiltà, li nomi dei quali sono diligentemente regislradi nel libro d’oro, così anco li cittadini originarii costumano de far le pruove della cittadinanza al medesimo magistrato; mediante la qual prova sono poi admessi al concorso della cancelleria ducale; l’uso ha introdotto che li nomi loro siano descritti in un altro libro, et per questa descrittion hanno preteso alcuni de loro che li sii come acquislada una certa rag-gione, che le prosapie loro et non altri da nuovo hab-bino ad havver il privilegio della cittadinanza; cosa non mai intesa dalla mente pubblica, volendo bensì che quelli che servono la cancelleria siano persone civili, ina non che resti chiusa la strada a chi di t mpo in tempo si ST. I>E}, CO.NS. DEI DIECI —Voi. I. 55